Torna negli Usa la casa di Rosa Parks

L’abitazione della donna simbolo della lotta per i diritti civili degli afro-americani si trova in Germania. Ora un artista e un’università vogliono riportarla in patria
Rosa Parks

Rosa Parks aveva 42 anni, quando quel primo dicembre 1955, dopo un giorno di lavoro durissimo nella sartoria, si rifiuto di cedere il suo posto sull’autobus ad un uomo bianco. Venne arrestata. Siamo a Montgomey, in Alabama, nel Sud degli Stati Uniti, in uno dei territori dove il colore della pelle, nonostante l’abolizione della schiavitù, continuava ad essere metro di discriminazione. A seguito di quel gesto, che già altri avevano ripetuto restando nell’anonimato, la comunità afro-americana cominciò una serie di proteste per chiedere la fine della discriminazione ed eclatante fu la decisione di boicottare la compagnia di autobus che aveva denunciato Rosa, per 381 giorni.

Così, per oltre un anno, le strade di Montgomery si popolarono di afro-americani che a piedi avevano deciso di raggiungere i posti di lavoro, le scuole, i parenti. Questo atto di disobbedienza, nella storia americana, è considerato l’inizio del movimento per i diritti civili, quello che ebbe in Martin Luther King uno dei suoi massimi esponenti. Nel 1956 la Corte suprema considerò incostituzionale la segregazione sugli autobus dell’Alabama e Rosa Parks divenne, di fatto, la madre del movimento dei diritti civili.

Quel gesto di ribellione civile le costò il licenziamento e continue minacce di morte e anche il marito, dopo due anni fu costretto a lasciare il lavoro. I due si trasferirono nella casa della famiglia del fratello a Detroit. L’abitazione in legno, senza pretese e senza segni di alcuna ricchezza è rimasta nella cittadina del Michigan fino al 2008 quando a seguito della crisi tante proprietà furono messe in vendita e la casa di Rosa Parks, ormai vuota (lei era morta nel 2005) venne messa all’asta. Quella casa oggi si trova in Germania, a Berlino dopo che la nipote di Rosa, Rhea McCauley l’ha acquista e regalata all’artista statunitense Ryan Mendoza, che pezzo dopo pezzo l’ha ricostruita nel giardino della sua casa per preservarne la memoria.

Mendoza però, soprattutto dopo la manifestazione dei suprematisti bianchi a Charlottesville (vedi Liberi dal razzismo) e le morti innocenti di tanti afro-americani ad opera della polizia,  ha deciso che quella casa doveva tornare in patria, come simbolo e memoria della lotta per i diritti civili. Il suo sogno sarebbe quello di trasferire l’abitazione nel giardino della Casa Bianca, per l’alto valore simbolico rappresentato da Rosa Park e perché la residenza presidenziale fu edificata dagli schiavi. La scelta, a parere dell’artista, potrebbe incoraggiare decisioni e dichiarazioni presidenziali sul tema della discriminazione, ad oggi ancora tiepide.

La Nash Family Foundation si è offerta di pagare il biglietto di ritorno e il suo presidente ha dichiarato che “servono punti di riferimento alle persone per trattarsi con dignità e la casa è un totem, un simbolo di tolleranza che va affiancato ai pochi monumenti dedicati al movimento dei diritti civili”. Per alcuni la casa che ha conservato parte delle pareti, scala, pavimento e porte originali dovrebbe essere rimpatriata al Museo degli Afro-americani a Washington, ma anche il museo di Detroit accampa diritti per “quest’eredità dall’enorme valore simbolico”.

Intanto il Centro studi sulla Schiavitù e la Giustizia dell’università di Brown, a Rhode Island, ha chiesto che si inizi con un’esposizione pubblica e che la casa diventi un centro educativo. Anthony Bogues, direttore del centro è convinto che  il rimpatrio della casa sarà un segnale importante “nell’affrontare l’eredità e la storia della schiavitù nel Paese”. Mentre le trattative per il rimpatrio sono in corso, sembra che la casa potrebbe essere ospitata  nell’ateneo, almeno per tre mesi, a partire dal nuovo anno.

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