Quel giorno, il 28 marzo, le persone hanno ripreso a guardarsi e ad aiutarsi, scendendo di corsa nelle strade, dai palazzi di Bangkok che tremavano. Mi diceva un amico ricoverato in ospedale: «Molti medici, perfino il direttore dell’ospedale, tanta gente comune, sono venuti ad aiutare per evacuare i malati, tra i quali c’ero anche io. Faceva un caldo pazzesco, e i soccorritori cercavano di “farci vento” con dei pezzi di cartone, per allievare le nostre difficoltà. Pur nella tragedia, era bello vedere tutti aiutare chi stava in una situazione peggiore…».
La vita è cambiata nella bella Bangkok, che Boccaccio avrebbe probabilmente soprannominato “la città del bengodi”. Prima del terremoto sembrava che fosse sempre festa, ovunque e sempre: uno sballo continuo. Solo nella strada dove abito ci sono due negozi che vendono marijuana fino a tardi la sera, ufficialmente a scopi terapeutici. E siamo nel quartiere delle ambasciate. A 700 metri c’è una strada intera dedicata alla prostituzione, 24 ore su 24. Sono bastati pochi minuti di terremoto e tutto è cambiato. Dolore e lacrime. Nel quartiere di Chatuchak si sentono ancora le urla dei parenti che piangono i loro cari rimasti sotto 40 mila tonnellate di detriti, quelli dello State Audit Office, ovvero la ragioneria di stato.
Dopo, l’intera città (Bangkok ha una popolazione stimata di circa 13 milioni di abitanti) si è chiesta: come è possibile che un edificio di oltre 30 piani sia crollato su se stesso in questo modo, dato che molti altri grattacieli sono rimasti interi? Chi è responsabile di questo disastro?
La ditta di costruzioni è la China Railways nr. 10 company, insieme a numerosi prestanome locali. Ma il vero protagonista di questa tragedia, che vede sotto le macerie un centinaio di vittime (non si sa con certezza quanti lavorassero al momento del crollo) di nazionalità thai, è probabilmente la corruzione. Il giorno dopo il crollo è saltato fuori il nome di un’altra ditta cinese, la Xin Ke Yuan Steel company (steel significa acciaio) già al centro delle cronache per un altro incidente del 2024, con feriti gravi, e l’ingiunzione alla chiusura. Che a questo punto pare non sia mai stata eseguita. Ad ogni modo, l’acciaio usato nella costruzione del palazzo di 30 piani della ragioneria di stato, era stato fornito, per la maggior parte, da questa azienda.
Chi doveva controllare? Chi doveva rifiutare tondini e travi d’acciaio non conformi?
Oggi, il fragore assordante delle scavatrici si alterna a momenti di silenzio durante i quali i soccorritori ascoltano se ci siano ancora flebili voci che provengono da sotto le macerie. E la gente piange i morti, ma è difficile anche sopportare questa vergogna nazionale. Perché dei 12 mila grattacieli di Bangkok, solo uno è malamente crollato: lo State Audit Office, o come viene ora soprannominato, il progetto della corruzione.
In Myanmar, la situazione è purtroppo ancora più grave, con circa 3 mila morti accertati solo nella zona di Sagaing e Mandalay, dove l’80% degli edifici è inagibile. Molte persone sono ancora sotto le macerie e gli aiuti da parte del regime del Myanmar non sono arrivati se non con il contagocce, e solo nelle zone governative. Mentre le truppe del dittatore Min Aung Hlaing hanno continuato a bombardare come se niente fosse le postazioni delle forze democratiche, che lottano per la libertà e il ritorno allo stato democratico. Gli aerei militari del regime hanno sparato anche contro un convoglio della Croce rossa cinese che si stava dirigendo verso le zone terremotate.
Due amici stanno per partire per Mandalay, ma ci sono solo biglietti di andata e non di ritorno dalla città devastata: almeno fino ad oggi. In realtà si pensa che i morti in Myanmar siano più di 10 mila, ma è evidente che nessuno riuscirà mai a sapere quanti siano veramente.
L’appello del segretario generale delle Nazioni Unite ad aiutare il Myanmar avrà qualche effetto per la popolazione? Chi riceverà davvero gli aiuti delle Nazioni Unite?
Un bell’esempio di umanità l’ha dato il sindaco di Bangkok, che ha chiesto scusa alla gente, di fronte alle televisioni di mezzo mondo, durante la conferenza stampa del 4 aprile: ha chiesto scusa per essere arrivato ad un solo metro da un superstite senza poi riuscire a salvarlo. Era stanco, visibilmente scosso, dopo giorni in cui ha dormito pochi minuti ogni tanto, su una sedia di plastica: come tutti i soccorritori, del resto.
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