Il tempo della fuga

Due pellicole che parlano della sete di libertà che ogni uomo ha indomabile dentro di sé. Una vita spericolata di Marco Ponti e il remake del classico Papillon di Michael Noer.

Che il mondo sia diventato una prigione dove ciascuno, i giovani in particolare,  stiano male e se ne vogliano andare, non importa dove? C’è un piccolo film italiano che, scheggiando tra i generi, scherzando e ridendo – un po’ poliziesco un po’ surreale un po’commedia –  lo dice. E non è un sussurro.

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Si tratta di Una vita spericolata di Marco Ponti, quello che nel 2001 aveva esordito con Santa Maradona. Ambientato nella Val di Susa per finire a Santa Maria di Leuca in Puglia, in faccia all’Albania, è il racconto di Rossi, meccanico con l’officina in crisi, del suo amico BB, ex campione di rally. Rossi va in banca a chiedere un prestito, si imbatte in una ragazza urlante: caos, il giovane perde la testa, non capisce più nulla, si trova a scappare con l’amico e la ragazza Soledad in auto giù per l’Italia, con il bottino della banca, inseguito da una improbabile pattuglia della polizia e da una donna cattivissima e malandrina. Fin qui la storiella, ricca di colpi di scena e condita con riflessioni apparentemente casuali sull’Italietta dei bancari, dei ladroni, e così via, e dei giovani che non sanno che fare. Forse è meglio emigrare? Mica male per un film ben girato e ben interpretato (Lorenzo Richelmy, Matilda de Angelis, Eugenio Franceschini ma anche Massimiliano Gallo e Michela Cescon), che svicola talora nell’ovvio, ma non perde occasione per dire la sua sulle occasioni perdute dei giovani-adulti in fondo brava gente, costretta a convivere con chi intrallazza e con sogni di gloria che si infrangono presto. Non è moralistico, è un divertissement, ma la sua moralina sotto sotto ce l’ha. Con lo stile sopra e sotto le righe.

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Di una fuga fenomenale e vera parla invece il remake del classico Papillon, diretto stavolta da Michael Noer. Charlie Hunnam è Papillon, Rami Malek l’amico Louis Dega. La storia è arcinota, quella del giovane scassinatore accusato ingiustamente di furto, condannato nelle prigioni della Guyana francese, evaso, ripreso, seviziato, evaso, ripreso e infine  libero in Francia dove pubblica con successo la sua storia. Il film scorre con professionalità, il protagonista impiega corpo e anima nel dar vita al ruolo, e ci riesce. Un buon cast, una buona regia, un buon prodotto. Ma quello che resta impresso è la sete di libertà che ogni uomo ha indomabile dentro di sé. È questa che muove la ribellione sempre  viva di Papillon, gli accende l’anima, lo fa resistere agli oltraggi e tentare l’impossibile. Un eroe? Forse. Ma il film non lo esalta, narra e presenta l’uomo deciso a sfidare il destino. Una fuga per la libertà ad ogni costo. Non sarà un capolavoro, ma il suo messaggio lo lascia, per chi vuol capire. Non è solo un buon remake.

 

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