Tagli per tutti

Le strade di Madrid sono bloccate dai manifestanti: prima gli studenti, poi i minatori e i militari, adesso gli impiegati statali "indignati" per i tagli delle tredicesime e le misure per uscire dalla crisi. Dal nostro corrispondente
proteste in spagna per i tagli

Per capire cosa sta accadendo in Spagna a causa della crisi economica, bisogna essere cauti e approfondire la questione. Questione che non è affatto semplice: non c’è una definizione unica del problema, né una sola risposta completamente convincente e, anzi, spaventano i giudizi affrettati dati da tanti giornalisti o da “esperti” che pontificano, terrorizzandoci, sul nostro Paese da altri Stati.

Dopo la marcia dei minatori su Madrid, alcuni si sono spaventati per il loro comportamento e li hanno condannati: le immagini dei violenti scontri che ci sono stati con la polizia, del resto, sono state trasmesse da tutte le televisioni, con un grande effetto sulla popolazione. Altri, invece, hanno sostenuto pienamente le rivendicazioni dei minatori, provocate dai tagli contenuti nel pacchetto di riforme imposto alla Spagna dall’Europa per concedere gli aiuti economici e credono che sia solo un nuovo inganno del Partito popolare che è al governo e che rischia di portare ad una sorta di guerra lungo le strade del Paese.

Quello che è certo è che servirebbe una riflessione seria, serena, sul conflitto sociale in atto. Un’analisi spassionata, imparziale e apartitica.

Purtroppo, quello che sta accadendo oggi non è altro che la cronaca di una morte annunciata. La possibilità di poter utilizzare ancora le miniere di carbone in Spagna è poco meno di zero: per la qualità del carbone, per il suo costo e per le spese necessarie per pagare i minatori. Ma che nessuno si illuda: il declino di questo settore, fino alla chiusura totale delle miniere, era già stato annunciato e stabilito. Il “Piano per il carbone 2006-2012”, firmato da Zapatero, intendeva smembrare il settore carbonifero in maniera progressiva fino al 2018, con una serie di provvedimenti per facilitare la riconversione delle industrie.

Di fronte ai problemi odierni del Paese, il governo Rajoy ha deciso di accelerare le procedure. Ma, in entrambi i casi, per il settore era una morte annunciata. Per questo, a molti spagnoli che ancora pensano e si pongono domande, sono risultate strane due cose.

Perché, se è stato il governo socialista a prendere la decisione di chiudere le miere, sono proprio i leader socialisti (ora all’opposizione) ad aver accolto i minatori al loro arrivo a Madrid e ad accompagnarli nella loro manifestazione di protesta? 2) Perché i sindacati hanno taciuto finora e adesso si mettono in testa ai cortei per fare rivendicazioni che avrebbero potuto avanzare anni fa?
I malpensanti potrebbero rispondere che il partito socialista, ora all’opposizione, non ha altra finalità che logorare il governo e ogni motivo è buono per farlo e che i sindacati, a causa delle manovre del governo, stanno perdendo sovvenzioni e devono stringere la cinghia – come peraltro tutti gli spagnoli – e vogliono quindi approfittare della situazione per manifestare e fare opposizione. Non hanno ancora capito che sta finendo l’era dei privilegi che per anni ci sono stati a scapito dei cittadini spagnoli.

Tutto ciò non cambia la difficile situazione dei minatori, però ci si dovrebbe chiedere se i proprietari delle miniere a rischio chiusura abbiano impiegato bene, e nel modo previsto, i 24 mila milioni di euro che il governo ha dato loro in passato per diversificare i rischi e prepararsi alla futura riconversione. Si sono limitati ad approfittarsi della solidarietà degli spagnoli? Una domanda alla quale bisognerebbe rispondere.

Resta comunque il dramma umano dei minatori, circa 4.500 persone, però non è tutto bianco o nero e nemmeno la colpa è soltanto tutta da un solo lato. Intanto, i numeri non tornano. A Madrid è stato detto che hanno manifestato circa 15 mila minatori, mentre ne sarebbero solo 4.500: come si spiegano queste differenze? Poi, non tutto si sta svolgendo (né a Madrid né nelle miniere) con la prudenza che sarebbe necessaria in una situazione di questo tipo. Inoltre, nella capitale spagnola, sono state arrestate otto persone – nessuna delle quali pare fosse un minatore – accusate di disordini, oltraggio e disobbedienza alle autorità. Ai vari pronto soccorso della città sono state assistite 76 persone, di cui 43 civili e 33 poliziotti, ma i leader sindacali hanno comunque annunciato che la lotta continuerà.

Nel frattempo, il governo continua a varare misure di rigore. I minatori, dopo i disordini, sono tornari alle loro case, mentre ora sono i funzionari statali che stanno invadendo le strade di Madrid per protestare contro i tagli. Il governo ha infatti tagliato le tredicesime. Non solo. È prevista anche una drastica riforma della Pubblica amministrazione, che prevede il licenziamento di dipendenti pubblici. Accanto a queste misure, ce ne sono altre, più generali, come l’aumento dell’Iva e la riforma dei sussidi per i disoccupati. Dovendo dare l’esempio, i politici hanno deciso di ridurre del 20 per cento le sovvenzioni ai sindacati (che non sono finanziati dagli associati ma dal governo) e ai partiti.

I tempi sono duri e nessuno nega che sia necessario adottare riforme profonde e che il momento critico che la Spagna sta attraversando richiederà sacrifici per tutti, soprattutto per i quasi sei milioni di persone che, al momento, sono senza lavoro.
Di fronte a questa crisi globale, oltre che finanziaria ed economica, forse la domanda da farsi è perché dobbiamo continuare a sostenere un governo regionale tanto ampio: ci sono 17 piccoli stati, con propri parlamenti, governi, società pubbliche e tanti altri organismi che continuano a spendere e sprecare. Su una popolazione di oltre quaranta milioni di persone, ci sono quasi tre milioni di dipendenti pubblici. Dobbiamo inoltre finanziare tra i 450 mila e i 480 mila politici che vivono con quanto paghiamo di tasse: consulenti, capi di gabinetto, migliaia di perlamentari regionali e nazionali, e così via. Purtroppo, per loro non ci sono stati ancora tagli, ma l’indignazione non è solo un movimento pittoresco della Puerta del Sol a Madrid o di altre piazze spagnole. È invece lo stato d’animo della maggioranza degli spagnoli. C’è una matassa aggrovigliata che deve cominciare a sbrogliarsi. Per ragioni vitali, per la sussistenza, ma tutto deve avvenire in modo giusto ed equo per tutti.

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