Straziante Rigoletto

Fino all'8 febbraio, al teatro dell'Opera di Roma, uno spettacolo godibile, molto apprezzato anche dai giovani
Rigoletto al Teatro dell'Opera di Roma

Capolavoro dall’inizio alla fine- non c’è una sola nota fuori posto -, il Rigoletto di Verdi è uno dei punti più alti, forse il più alto come omogeneità drammaturgica e ispirazione continuata, della sua arte. Certo, con Aida e Traviata, l’opera che non è mai uscita dal repertorio ed è tuttora rappresentata in ogni angolo del mondo.

L’allestimento di Leo Muscati al romano Teatro dell’Opera – fino all’8 – sottolinea la crudeltà straziante della storia del buffone cinico e padre desolato nell’aria torbida di una corte rinascimentale dove ognuno si traveste per diventare “altro”: una metafora quanto mai tipica di certa società attuale. Ecco perché non servono troppe scene, ma solo tendaggi semoventi e trasparenti, maschere e fondali neutri dove i “burattini” agiscono. Da questo mondo così falso si salvano solo Gilda, ovvero l’innocenza poi violata, Monterone, ovvero l’onore tradito e insultato e a sorpresa il killer Sparafucile, che in fondo è sé stesso e non finge mai, ruvidamente attaccato al delitto come arma della vita (cui Verdi regala sonorità lugubri come un Commendatore del Don Giovanni mozartiano).

Rigoletto cerca di diventare “uomo” e ci riesce, a prezzo di un dolore straziante che Verdi scioglie con melodie tra l’affettuoso, l’impetuoso, il disperato e l’affannato come voce del pianto, della speranza e dell’immensa sofferenza degli uomini sotto un cielo lontano per molti, ma non certo per la purissima Gilda.

Una musica talmente bella e appassionata esige una concertazione e direzione precisa, calda, “cantante” e occorre dire che il giovane Gaetano D’Espinosa forse poteva chiedere ed ottenere di più dall’orchestra – specie dai violini, un po’ spenti -, nella quale comunque gli ottoni e il “verdiano” primo clarinetto erano eccellenti.

Quanto al cast, Giovanni Meoni si conferma un Rigoletto credibile, musicalmente corretto, dotato di espressività scenica, come il soprano Claudia Boyle e il tenore Yosep Kang. Denso e profondo lo Sparafucile di Marco Spotti la cui presenza scenica si accompagna ad una dizione e ad un canto preciso e melodico.

 Bravo il coro. Nel complesso, un Rigoletto godibile, come ha dimostrato l’applauso dei molti giovani presenti.

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons