SPQR – La lezione di Coriolano

C’era un’atmosfera insolitamente elettrizzata attorno al Senato...
Coriolano

C’era un’atmosfera insolitamente elettrizzata attorno al Senato. I lavori dell’assemblea non erano ancora terminati, i commessi gironzolavano nervosamente fra gli ingressi e le zone antistanti, dove il via vai di persone vocianti e febbricitanti lasciava trapelare che qualcosa di lì a poco sarebbe successo. D’altronde, il Paese era attraversato da una crisi economica senza precedenti e tanta gente faceva davvero fatica a tirare avanti. Il malcontento era diffuso fra i lavoratori, fra gli artigiani e cominciava a serpeggiare pure nel ceto medio. Sì, la situazione sembrava non promettere nulla di buono. L’insofferenza verso il potere e la classe politica era crescente.

«Eccolo! È lui, Coriolano, ‘menamoje! Anvedilo, fa finta de’ gnente, addosso…».

Il popolo ridotto alla fame s’era riunito per insultare il senatore Gneo Marcio Coriolano, che voleva impedire la distribuzione del grano al popolo, nonostante la carestia che angosciava la moltitudine. Coriolano non era nuovo a questo genere di iniziative. Era immerso nelle beghe di palazzo fino al collo. Voleva diventare il più importante dei nobili romani, e per farlo sfidava continuamente tutti: i plebei, che secondo lui dovevano stare zitti e buoni e accettare la politica del Senato, e gli altri patrizi, da lui considerati troppo molli rispetto alle richieste del popolo.

Così, in quel drammatico pomeriggio del 491 a.C., fu sommerso da una bordata di insulti, e si sarebbe passati subito alla violenza, se la legge romana non fosse stata più forte delle contrapposizioni sociali. Fu immediatamente indetta un’assemblea pubblica (condotta da uomini imparziali, non sul libro paga di questo o di quello), nella quale Coriolano venne messo in condizioni di difendersi dalle accuse dei plebei. Non vi riuscì e, di fronte alla sconfitta subìta, scelse l’esilio. In fondo, era un patrizio di una importante famiglia romana: la dignità andava conservata. 

Pare che lo stenografo di turno chiuse il resoconto parlamentare con una sigla destinata a diventare famosa: SPQR. I posteri si sono prodigati nelle traduzioni più o meno nobili, ma sembra che la reale intenzione dell’impiegato parlamentare fosse: “Stra Parlano Questi Rappresentanti”!

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