Tutela europea fino al 2050

Nonostante il premier prometta una “uscita netta” dai “Memoranda”, un maggiore sviluppo economico e l’intensificazione del welfare, pochi cittadini credono alle promesse. I problemi nazionali dei rapporti con Turchia e Fyrom, e l’eterna emergenza migranti

Il premier Tsipras ricorda spesso che in agosto si festeggerà finalmente l’uscita dai “Memoranda”, cioè dalla tutela dell’Unione europea sulla Grecia. Il che corrisponde al vero, ma solo in teoria. La realtà e che la sorveglianza europea durerà fino al 2050, mentre non si escludono nuove misure nel caso in cui la sorveglianza identificasse delle deviazioni dai programmi già firmati. Questo è dovuto soprattutto al fatto che questa è la prassi dei programmi di assistenza finanziaria anche dopo il loro termine.

Le istituzioni europee si aspettano uno sviluppo economico in Grecia e il governo lo promette tramite un Piano nazionale inviato a Bruxelles ma che non ha convinto molto, perché sembra indirizzato piuttosto alla base elettorale di Syriza (leggero aumento del salario minimo, investimenti sociali… mentre le privatizzazioni appaiono solo due volte in un testo di 106 pagine). Sembra difficile che un tale Piano possa convincere i mercati finanziari da cui il governo spera di ottenere i finanziamenti necessari nel prossimo futuro.

Inoltre, nemmeno i greci credono che la situazione cambierà dopo l’uscita dai Memoranda. La verità è che la popolazione si sente ancora frustrata dal governo mentre nello stesso tempo non si fidano di nessun partito. Il che risulta, tra altro, dalla persistenza della destra estrema di Alba Dorata al terzo posto, secondo gli ultimi sondaggi. La gente nei fatti si impoverisce giorno dopo giorno, non si fida di nessun partito, si preoccupa molto dei problemi nazionali, come i rapporti con la Turchia, il nome della Fyrom e la situazione dei migranti.

Le provocazioni turche aumentano specialmente dopo la recente decisione del Consiglio Nazionale di Stato di concedere l’asilo al primo dei turchi piloti. Inoltre, ormai nessuno dubita che la reclusione dei due militari greci nella prigione di massima sicurezza di Andrianoupolis durerà molto. Né l’appello della Commissione europea e nemmeno quello del presidente del Parlamento europeo sembra che abbiano qualche effetto su Erdogan.

Un’altra fonte di preoccupazione è l’accordo tra Grecia e Fyrom sul nome di quest’ultimo Paese, visto che l’uso del termine “Macedonia” qui in Grecia viene considerata una “appropriazione indebita”, accordo che un giorno si avvicina e il giorno dopo si allontana. Si dice che per il momento due nomi erga omnessono sul tavolo Nova (Nuova) Macedonia e Gorna (Upper) Macedonia. Pero la Grecia non è disposta ad accettare nessuno dei due, se non accompagnato dalla revisione della Costituzione della Fyrom che prevede uno “sbocco” sull’Egeo. D’altra parte il governo della Fyrom sostiene di non poter cambiare la Costituzione semplicemente perché non ha la maggioranza per farlo. Le pressioni dagli Stati Uniti e dalla Nato sono forti verso i due Paesi perché giungano a un compromesso, ma altrettanto forti sono le reazioni dei due popoli.

Intanto mentre le luci sono puntate sull’economia e le sfide nazionali, un altro dramma continua, quello dei profughi e dei migranti, non solo a causa del loro numero che sta aumentando ma anche a causa delle mancate strutture e infrastrutture di ricezione. La situazione nell’hot spot di Moria a Lesbos è indicativa: il centro di accoglienza è previsto per 3000 persone, ma i wc sono per 900 persone, il 55% degli ospiti sono sotto tenda, nell’ala protetta per le donne ci sono 80 posti ma vi abitano 300 donne, ci sono solo 160 poliziotti per un totale di 7.380 profughi e migranti…

I problemi cioè aumentato per il governo e altrettanto crescono i dilemmi. Molti analisti si chiedono se il premier sceglierà di rifugiarsi in elezioni anticipate in autunno o preferirà piuttosto di rimanere in sella fino all’ultimo giorno sapendo che poi perderà verosimilmente il potere.

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