Solidarietà europea per il Portogallo

All’appello del Portogallo ai partner europei per far fronte all’esplosione della pandemia. Hanno risposto Germania, Austria e Spagna offrendo disponibilità e aiuti.

Non è stato semplice né facile, ma finalmente è accaduto: lunedì 1 febbraio l’ambasciatore del Portogallo a Madrid, Joao Mira Gomes, ha confermato di aver ricevuto formalmente un’offerta di aiuto da parte del governo spagnolo per far fronte alla drammatica, e talvolta caotica, situazione provocata dalla pandemia. Forse l’immagine che meglio riassume il crollo del sistema sanitario lusitano è quella delle ambulanze in fila alle porte del più grande ospedale di Lisbona, in attesa di un letto libero.

Il Portogallo ha resistito con un certo successo alle prime ondate di Covid-19, con numeri di contagiati e morti che hanno reso il Paese un esempio di gestione sanitaria. Nel mese di gennaio, però, dopo le feste natalizie, periodo in cui molti portoghesi emigrati son tornati a casa, i contagi legati alla variante inglese e a quella brasiliana sono saliti alle stelle. Così il Portogallo, con poco più di 10 milioni di abitanti, in pochi giorni è salito al primo posto nel mondo per il numero di nuovi contagi e morti per milione di abitanti. La capacità di ricezione ospedaliera si è ben presto rivelata insufficiente, superando la soglia critica in almeno otto ospedali, che hanno registrato anche seri problemi per l’approvvigionamento di ossigeno. A questo punto si è reso necessario un appello alla solidarietà dei partner europei.

I primi a rispondere all’appello sono stati la Germania e l’Austria. Domenica 31 gennaio il ministero della Difesa tedesco ha annunciato l’invio di un aereo con 26 medici e infermieri, e 50 respiratori. Da parte sua, il cancelliere austriaco, Sebastian Kurz, offriva ospitalità per i pazienti portoghesi: «È una richiesta di solidarietà europea: aiutare rapidamente e senza burocrazia a salvare vite umane. L’Austria ha già accettato dall’inizio della pandemia pazienti in terapia intensiva provenienti da Francia, Italia e Montenegro e ora accetterà anche pazienti in terapia intensiva dal Portogallo».

La risposta spagnola si è fatta attendere, sia perché anche in Spagna le cifre della pandemia sono preoccupanti, sia perché la burocrazia in questo caso è più complessa. Le competenze in materia di salute in Spagna sono di competenza dei diversi governi regionali, il che richiede, per rispondere alla richiesta di aiuto del Portogallo, il consenso di almeno quattro interlocutori regionali, oltre a quella del governo centrale. Una tale lentezza, aggiunta ad una certa ignoranza dei meccanismi di solidarietà vigenti tra i partner europei, ha prestato il fianco alle critiche al governo di Sánchez da parte dei partiti di opposizione.

Nel momento presente, mentre da una parte «si apre una fase di valutazione delle disponibilità per articolare i termini di tale aiuto», ha detto l’ambasciatore Mira Gomes, dall’altra la Junta de Extremadura, territorio spagnolo confinante con il Portogallo, ha già offerto la sua disponibilità ad accogliere pazienti portoghesi. José María Vergeles, consigliere per la sanità di questo governo autonomo, ha sottolineato al riguardo che l’ospedale d’emergenza installato nell’Istituto Fieristico di Badajoz (Ifeba), a pochissima distanza al confine fra i due Paesi iberici, è in avanzato stato di allestimento e disponibile.

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