Il Signore è presente in mezzo a noi

Spesso ci domandiamo: "C’è Gesù in mezzo a noi”? Forse la domanda da farsi è un’altra: “Noi ci siamo?”. Lui c’è, l’ha promesso! Ma spesso noi siamo altrove...

«Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20). Gesù in mezzo a noi! Cosa si più può desiderare di più? La promessa di questa presenza si colloca al centro del quarto discorso del Vangelo di Matteo, il cosiddetto “discorso ecclesiale”. Lo si potrebbe considerare il centro dell’intero suo Vangelo. Ne richiama l’inizio: Gesù è «il Dio con noi» (1, 23), e la fine: «Io sono con voi fino alla fine del mondo» (28, 20). Grazie a questa promessa la Chiesa appare come una comunità di grazia, il cui centro misterioso e invisibile, fondamento e principio unificatore, è Cristo stesso. La Chiesa è universalmente là dove due o tre sono radunati nel nome del Signore, è definita da questa presenza. «Dove tre [sono riuniti], anche se laici, lì è la Chiesa», scriveva Tertulliano. Se c’è Lui di che altro abbiamo bisogno?

Spesso ci domandiamo: “C’è Gesù in mezzo a noi”? Forse la domanda da farsi è un’altra: “Noi ci siamo?”. Lui c’è, l’ha promesso! Ma spesso noi non ci siamo, siamo altrove. Come nella parabola delle vergini stolte e delle vergini sagge. Quando venne lo Sposo le vergini sagge c’erano ed entrarono a cena con lui, quelle stolte non c’erano e rimasero fuori. Gesù chiede di esserci. Basta essere in “due o tre”. Possiamo essere santi o peccatori, l’importante è essere uniti in Lui, nel suo amore, con l’intenzione di sposare la sua causa.

Cosa vuol dire “esserci”? Il contesto nel quale si colloca questa promessa invita a scorgere una relazione tra l’amore scambievole e la presenza di Cristo glorioso nella piccola o grande comunità. La correzione fraterna che precede il nostro versetto (vv. 15-17) e il perdono fraterno di cui Gesù parlerà in quelli successivi (vv. 21-35) sono un’espressione e una conseguenza dell’amore reciproco. Possiamo scorgervi una parentela con 1 Gv 4, 12: «Se ci amiamo scambievolmente, Dio dimora in noi», dove “in noi” può tradursi anche “tra”, “in mezzo a noi”. In altre parole, l’amore reciproco è la condizione preliminare e necessaria per ottenere la presenza effettiva del Signore. “Esserci” vuol dire essere nell’amore.

Per la sua collocazione dopo il v. 19, che invita a mettersi d’accordo per chiedere al Padre la stessa cosa (non è certo che esso si riferisca a un’assemblea liturgica), spesso si pensa che la presenza di Gesù “tra i due o tre” sia ristretta al momento in cui la comunità cristiana si riunisce per pregare e celebrare i sacramenti. Mentre la promessa fatta dal Signore, pur essendo collocata redazionalmente in questo contesto, possiede una portata molto più ampia: i due o più possono essere ovunque e compiere non importa quale tipo di attività. È piuttosto la presenza del Signore tra i due o tre che spiega perché la domanda che essi rivolgono al Padre è certamente esaudita: proprio perché Gesù stesso è presente in mezzo a quanti uniscono la loro voce, ed è lui stesso a rivolgere la loro domanda al Padre. Per pregare occorre essere uniti, ma si può essere uniti nel compiere qualsiasi altra attività, ed avere comunque la presenza di Gesù tra noi.

Non possiamo non ricordare che lo Spirito Santo ha dato un carisma particolare per una più piena comprensione e attuazione di questa promessa di Gesù. Chiara Lubich, che ha ricevuto questo dono, così lo spiega: «Se siamo uniti, Gesù è fra noi. E questo vale. Vale più d’ogni altro tesoro che può possedere il nostro cuore: più della madre, del padre, dei fratelli, dei figli. Vale più della casa, del lavoro, della proprietà; più delle opere d’arte d’una grande città come Roma, più degli affari nostri, più della natura che ci circonda con i fiori e i prati, il mare e le stelle: più della nostra anima! È lui che, ispirando i suoi santi con le sue eterne verità, fece epoca in ogni epoca. Anche questa è l’ora sua: non tanto d’un santo, ma di lui; di lui fra noi, di lui vivente in noi, edificanti – in unità d’amore – il Corpo mistico suo. Ma occorre dilatare il Cristo; accrescerlo in altre membra; farsi come lui portatori di Fuoco. Far uno di tutti e in tutti l’Uno! E allora viviamo la vita che egli ci dà attimo per attimo nella carità. È comandamento base l’amore fraterno. Per cui tutto vale ciò che è espressione di sincera fraterna carità. Nulla vale di ciò che facciamo se in esso non vi è il sentimento d’amore per i fratelli: ché Iddio è Padre e ha nel cuore sempre e solo i figli» (Se siamo uniti, Gesù è fra noi, in Scritti Spirituali /1, Città Nuova, Roma 19974, p. 251-252).

 

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