Shakespeare siculo

Una rivisitazione in dialetto siciliano di "Molto rumore per nulla", celebre opera del drammaturgo inglese, ad opera di Andrea Camilleri.

Fra i tanti modi di vedere e rappresentare Shakespeare, mancava un’incursione nel dialetto siciliano. E chi meglio di Andrea Camilleri poteva addentrarsi in una traduzione del grande drammaturgo con una lingua densa di umori e per giunta antica? Ben si presta una commedia come Molto rumore per nulla ambientata a Messina, un meridione che offre spunti e angolature tematiche per una storia d’amore e di tradimenti falsi e veri fra melodramma e opera buffa. Ma non siamo tra fichi d’india e coppole.

 

Col titolo tradotto in Troppu trafficu ppi nenti ci troviamo in una città del Medio Oriente tra tappeti persiani, sete, costumi colorati, dentro la vicenda che ruota attorno a due storie d’amore parallele. La prima ha per protagonisti i due innamorati “ingenui” Claudio ed Ero alla vigilia delle nozze; la seconda si incunea nelle personalità eccentriche e brillanti di Benedetto e Beatrice, i due bisbetici che finiscono col domarsi a vicenda e con l’unirsi a loro volta in matrimonio. Fra i primi due si intromette il malvagio Don Juan il quale, invidioso della protezione accordata loro dal principe suo fratello, cerca invano di dividerli, cospirando contro di loro. Il tutto ovviamente complicato da intrighi, fidanzati creduloni, figli illegittimi, finte morti di fanciulle in fiore.

 

Nella semplice e spiritosa regia Giuseppe Di Pasquale, per lo Stabile di Catania, trasforma la rappresentazione in una farsa divertente, tra svenevolezze, feroci motti di spirito, prese in giro, con un ritmo trafelato e incalzante. Un vaudeville mediterraneo ed esotico in un crocevia di magheggi, con sulla scena una pedana rialzata al centro. Il resto è affidato ai quindici interpreti che recitano con ritmo e musicalità.

 

Nel ruolo del capo della ronda strappa risate a scena aperta Mimmo Mignemi con un fantasioso vocabolario di comicità puramente verbale e di natura demenziale che riprende certe espressioni del Catarella del Commissario Montalbano.

 

Ah, dimenticavo il preambolo. Camilleri e Di Pasquale ci avvertono di strane coincidenze attorno a uno Shakespeare in realtà siciliano. Un tale Michele Agnolo Florio (Crollanza dal lato materno) che, per sfuggire alle persecuzioni religiose, visse tra Messina, Venezia, Verona, Stratford e Londra. Crollanza fu autore di molte tragedie e commedie, alcune delle quali sembrano essere la versione originaria di ben altre opere attribuite a Shakespeare. A Stratford Crollanza fu ospite di un oste che lo chiamava affettuosamente William, in ricordo del figlio morto. A questo punto traducendo in inglese il cognome della madre si arriva a quello del drammaturgo che tutti conosciamo, non più perseguibile come quacquero fuggiasco, ma costretto a tenere il mistero della sua vera identità e sulle sue origini.

Insomma, i due ci vogliono far credere, per spirito di patria, che Shakespeare sia davvero stato siciliano. Da qui la motivazione della loro trasposizione teatrale di Troppu trafficu ppi nenti. E buon divertimento.


 

Al Globe Theatre di Roma. Prossimi spettacoli “Sogno di una notte di mezza estate” regia di Riccardo Cavallo, fino al 2/8; “Otello” regia di Daniele Salvo, dal 7 al 14 e dal 18 al 30/8.

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