Amatrice è un comune di 2.500 abitanti situato in provincia di Rieti, incorniciato dai rigogliosi Monti della Laga e caratterizzato da 70 piccole frazioni diffuse nelle aree limitrofe al centro abitato di Amatrice stessa. Il sisma che ha coinvolto il centro Italia nell’agosto del 2016 ha segnato un prima e un dopo in queste zone: 299 vittime, il centro storico di Amatrice raso al suolo, le frazioni inagibili.
A distanza di 9 anni dal terremoto, nonostante i significativi ritardi nella ricostruzione, la comunità amatriciana resiste e resta ad abitare la propria terra, senza abbandonare la speranza di un futuro per il loro paese. Sono tante le storie dei giovani e dei meno giovani che con le loro scelte quotidiane consentono ad Amatrice di continuare a vivere ogni giorno.

Kristian Perotti. Foto UM
Per la terza storia di “Cronache di chi resta” abbiamo incontrato Kristian Perotti, 25 anni.
Qual è stato il tuo percorso fino ad oggi qui ad Amatrice?
Dopo aver studiato al liceo scientifico di Amatrice nel 2018 ho terminato la mia esperienza scolastica diplomandomi con 100, ho anche dovuto mio malgrado affrontare il quarto anno a Rieti perché dopo il terremoto dovevamo stare lì, ma sono sempre riuscito a mantenere un buon rendimento scolastico. Terminato il liceo ho sempre lavorato con i bambini, sia nei centri estivi sia facendo ripetizioni nel periodo invernale. Sono stato chiamato poi tramite MAD (Messa a Disposizione) per delle sostituzioni, così ho iniziato nel novembre 2022 a effettuare supplenze come educatore, prima sporadiche ma poi sempre più frequenti, al convitto di Amatrice annesso al liceo scientifico sportivo. Questo liceo nasce come scientifico, quando poi c’è stato il terremoto la nuova preside decise di reinventare la scuola facendola diventare liceo sportivo internazionale.
Come funziona il liceo in questa nuova formula?
Gli studenti vengono da fuori, abbiamo avuto ragazzi che venivano da Palermo, da Brescia, ora vengono da Roma, da Rieti o dalla provincia de L’Aquila. Vengono seguiti bene perché sono pochi e quindi hanno l’opportunità di ricevere le attenzioni che necessitano. Come educatore mi sono occupato di stare coi ragazzi nel tempo in cui non frequentano la scuola; praticamente l’educatore diventa la famiglia adottiva di quel ragazzo che decide di provare questa esperienza fuori da casa. Mi auguro vivamente di poter tornare a farlo l’anno prossimo, ma dipende da meccanismi della scuola.
Nel 2023 ho iniziato a studiare Scienze dell’Educazione con una Università telematica e terminerò a breve il mio percorso di studi in modo da poter entrare nelle graduatorie.
Dallo scorso anno scorso non è più esistita la MAD, è cambiata la modalità di chiamata, per cui non sono rientrato, ma essendo in graduatoria come personale ATA ho lavorato come bidello prima in scuole della provincia reatina e poi da dicembre sono stato assegnato alla scuola di amatrice dove ho lavorato fino alla fine dell’anno scolastico.
La scuola è un istituto onnicomprensivo che comprende dalla materna alle superiori, sono circa settanta studenti complessivamente. C’è anche una ludoteca che però è gestita da una cooperativa. C’è il rischio, tuttavia, che la scuola chiuda.
Come mai esiste la possibilità di questa chiusura?
Perché una volta la maggior parte dei ragazzi propendeva per questa scuola, era una bella esperienza: iniziavi con dei compagni dall’asilo e facevi tutto il percorso fino in quinto superiore, si creavano dei rapporti molto forti. Negli ultimi tempi i ragazzi tendono di più ad andar via a studiare, o fermarsi in convitto in altre città, per cui il convitto che abbiamo qui si regge sulla presenza di studenti che vengono da fuori. Il rischio di chiudere c’è perché bisogna mantenere alto il numero di iscrizioni, ma è complicato perché viviamo una situazione particolare, anche per l’attrattività delle attività da poter svolgere nel tempo libero.
Com’è vivere Amatrice e che vuol dire per te restare?
Io ho sempre amato il mio paese, la mia terra, non sono mai stato amante della vita di città. Per quanto mi riguarda è un falso luogo comune il fatto che vivere in un paese significhi non fare nulla. Piuttosto credo che chi vuole può, cioè chi vuole vivere in un paese riesce sicuramente a trovarsi da fare. Io passo pochissimo tempo in casa, ho sempre tante cose da fare, sia lavorative che di divertimento, anche se non necessariamente tutte ad Amatrice.
Cosa è cambiato dopo il terremoto?
Io amavo vivere qui prima del terremoto, quando tutto era più semplice, ma ho amato in maniera ancora più forte abitare in queste zone dopo, tanto che noi abbiamo avuto la casetta SAE (Soluzione Abitative di Emergenza) nel 2017, 13 mesi dopo il terremoto. Nel periodo tra settembre 2016 a giugno 2017 abbiamo vissuto a Rieti ma io obbligavo mio padre a riportarmi a casa, ad Amatrice, ho dormito veramente in ogni posto, proprio perché io volevo stare qui. Mia nonna ha avuto la SAE nel giugno del 2017, così per stare il più possibile ad Amatrice per un periodo ho vissuto da lei. Lavoravo al centro estivo, poi da settembre mi sono trasferito a casa mia. Per me è tanto, davvero io non potrei immaginare una vita al di fuori di qui. Ovviamente non vivo sempre ad Amatrice, faccio esperienze fuori, conosco altre persone, sono fan di Laura Pausini e sono andato a tanti concerti, ma la mia vita al momento la vedo qui. Per me significa veramente tanto, io mi sento a mio agio, non riuscirei ad immaginare altro. Il mio progetto è legato appunto alla scuola, speriamo che possa andare in porto, ma anche se dovessi lavorare da un’altra parte preferirei rimanere qui viaggiando avanti e indietro.
Sicuramente la vita non è facile, perché prima avevamo tutto quanto, anche se in piccolo, adesso è tutto più complicato. Abbiamo ad esempio il benzinaio a dieci minuti di macchina, abbiamo molti svantaggi, ma noi siamo tenaci, siamo persone caparbie, siamo resilienti e quindi questo ci fa bene. Speriamo che con la ricostruzione possa migliorare la situazione e permettere anche a gente di tornare, anche perché i paesi hanno necessità di giovani, di famiglie giovani, di bambini perché sono loro la vita vera, la vita effettiva, anche per quanto riguarda la scuola che comunque è un simbolo importante: se chiude una scuola chiude un paese.