Scuola si riparte, ma non per tutti

Ritorno in classe per oltre 7 milioni di studenti in Italia, col persistente fenomeno della dispersione scolastica. Nel mondo ci sono circa 757 milioni di adulti e 115 milioni di giovani analfabeti. Le donne rappresentano i due terzi sul totale degli analfabeti adulti. Il legame tra livello di studio e aspettativa di vita

I dati provenienti dal nostro Paese sono tutt’altro che incoraggianti. Il fenomeno della dispersione scolastica purtroppo perdura in molte regioni e da troppi anni. Non si è riusciti ancora a dare la chiave di volta affinché bambine e bambini potessero avere le stesse opportunità di portare a termine con successo il proprio percorso educativo. La diffusione della pandemia ha fatto il resto: uno studente su quattro è a rischio dispersione a causa del digital divide, il divario tecnologico che ha come causa ragioni economiche.

La diseguaglianza infatti è tutta sociale e, come scritto tante volte, la forbice si sta sempre più allargando, sia all’interno delle stesse città, sia tra le regioni del Nord e del sud. Si parla di povertà educativa, divari di competenze, esiguità dei fondi destinati dai comuni alle scuole.

Le risorse destinate alla scuola sono ancora troppo scarse e questo la dice lunga sulle priorità che la politica è chiamata a investire sulla scuola in Italia. Il passo che va dalla dispersione scolastica al vero e proprio abbandono scolastico è sempre più corto e tutto questo ha un costo. Si stima che per ogni ragazzo che lascia la scuola, lo Stato spenda fino a 2 milioni di euro in più rispetto agli altri ragazzi: infatti chi non studia ha poi nella vita più difficoltà a trovare lavoro e a mantenere una vita sana.

Azzerare il fenomeno significherebbe recuperare fino a quasi 7 punti percentuali di PIL. Il legame tra livello di studio e speranza di vita è conosciuto da tempo: la povertà, l’impossibilità di intraprendere o la necessità di interrompere gli studi per guadagnarsi da vivere, le diseguaglianze economiche e sociali del nostro Paese aumentano i rischi di mortalità.

Rispetto all’Europa, l’Italia rappresenta il fanalino di coda con alcune regioni del Sud che fanno registrare tassi di abbandono superiori al 19 per cento (la Calabria è al 20,2, la Sicilia al 23,4). La Conferenza di Lisbona aveva fissato degli obiettivi in tal senso: ridurre la percentuale dei giovani che abbandonano prematuramente l’istruzione e la formazione al di sotto del 10% entro il 2020. Ma il cammino per arrivare a questo obiettivo sembra ancora tutto da percorrere.

Molti studenti che si fermano alla terza media vanno a ingrossare le file dei Neet, i ragazzi che non hanno un impiego né sono inseriti in un percorso di formazione. In Italia è il numero più alto dell’Ue, oltre il doppio di Francia e Germania. Molti altri sono reclutati dalla criminalità o lavorano in nero. Si parla di vera e propria schiavitù minorile, ragazzi e ragazze coinvolti in lavori pericolosi per la loro salute, sicurezza o integrità morale.

Don Milani, con il suo messaggio sempre attuale, aveva visto profeticamente giusto l’importanza della scuola che può cambiare e dare una svolta alla vita dei giovani, specialmente quelli più fragili: «Se si perde loro, la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati».

L’obiettivo è quello di raggiungere la piena realizzazione del diritto di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione, che nella scuola si concretizza in un diritto a ricevere le stesse opportunità educative per tutti i ragazzi e le ragazze.

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