Russia Ucraina, cosa vuol dire No alla guerra?

“Siamo sconvolti davanti alla guerra” dice il papa che cita l’articolo 11 della Costituzione italiana. Le divisioni laceranti sulla scelta Ue di armare l’Ucraina, mentre oltre 40 associazioni cattoliche chiedono di fermare la corsa verso l’abisso nucleare
Guerra Foto Claudio Furlan/LaPresse

Cosa vuol dire “No alla guerra” davanti all’invasione russa dell’Ucraina?

Mezzo milione di persone sono scese in piazza a Berlino mentre il governo tedesco ha deciso di inviare armi a sostegno di Kiev. Lo ha deciso una coalizione che vede la partecipazione non solo di liberali e socialdemocratici ma anche di un forte partito verde, schierato solitamente in maniera critica verso il riarmo. Contrariamente a quanto viene riportato non si tratta di una novità assoluta perché, ad esempio tramite la Rwm, la multinazionale Rheinmetall ha inviato bombe per i cacciamboradieri della coalizione saudita impregnata nella guerra in Yemen.

La minaccia della guerra e la sua pratica “a pezzi” è in vigore ormai da tempo se la spesa annuale degli armamenti supera i 2 mila miliardi di dollari all’anno.

Come ha messo in evidenza con la consueta precisione Giorgio Beretta, analista di Opal, in questi ultimi anni il nostro Paese ha venduto, per decine di milioni di euro, sistemi di arma sia all’Ucraina che alla Russia, nonostante l’embargo decretato dopo gli scontri del 2014. Un dato di fatto che testimonia la capacità pervasiva dell’industria bellica in Italia e che ha preparato l’opinione pubblica alla decisione del governo Draghi di fornire mitragliatrici e missili anti aerei alle forze armate ucraine.

Siamo davanti ad una scelta destinata a frantumare quell’iniziale ripresa del movimento per la pace sceso spontaneamente in diverse piazze del Paese con i vessilli arcobaleno. La condanna dell’aggressione bellica di Putin e la solidarietà per il popolo ucraino, con la disponibilità ad accogliere gli sfollati in arrivo, non si associa, per tutti, con il conseguente rifornimento di armi dell’esercito di Kiev che già avviene da tempo da molte fonti.

Eppure una volta posto il paragone tra la resistenza ucraina ai russi con quella necessaria contro il nazifascismo, è inevitabile considerare legittimo il rifornimento di armi ai partigiani in lotta contro l’invasore.  Non è d’accordo con questo sillogismo il presidente dell’Anpi (Associazione nazionale dei partigiani italiani) Gianfranco Pagliarulo, secondo il quale «siamo tutti uniti nel condannare aspramente l’invasione russa, ma c’è chi si mette l’elmetto e chi non se lo mette. L’Anpi e il movimento per la pace non se lo mettono, perché la guerra sarebbe una catastrofe per l’umanità. L’Italia deve stare lealmente e se necessario criticamente nella NATO. Ma le posizioni “fieramente atlantiste” non aiutano. È difficile spegnere un fuoco versandoci sopra benzina».

Una posizione diversa da quella espressa da Enrico Letta, segretario del Pd, secondo il quale è necessario aiutare l’Ucraina a difendersi «fornendole materiale e attrezzature militari che la aiutino concretamente a respingere gli invasori».  Una linea atlantista e affine all’europeismo di Ursula von der Leyen, già ministro della Difesa in Germania, che si è spinta oltre l’adozione di sanzioni commerciali e finanziarie per annunciare che «la Ue finanzierà l’acquisto e la consegna di armi per un Paese sotto attacco». La presidente della Commissione europea ha parlato di un momento spartiacque.

Una decisione che non sembrava aver trovato il consenso immediato del leader della Lega Matteo Salvini che in una trasmissione Rai aveva detto «all’Europa chiedo non di distribuire armi letali ai confini con la Russia», precisando, come riporta l’agenzia Adn Kronos: «Non vorrei che l’Italia piombasse in guerra. Ed è incredibile come qualche collega politico di sinistra o qualche giornale di sinistra attacchi chi cerca di costruire pace. Bisogna essere molto cauti quando si parla di bombe».

Presa di distanza attaccata duramente da Carlo Calenda: «Su politica estera e di difesa in tempo di guerra sono inaccettabili» invitando Salvini «se non riesce a staccarsi da Putin» di andare all’ opposizione.

Se il quadro politico è così controverso e complesso anche se destinato probabilmente a compattarsi sotto la guida di Draghi, resta l’opposizione di una parte della società civile come espressa con chiarezza dalla storica ong “Un Ponte per secondo cui «l’Unione Europea che per la prima volta rivendica l’acquisto di armamenti è quanto di più lontano avremmo voluto sentire da un’istituzione che è nata per promuovere la pace, la cooperazione e la prevenzione dei conflitti armati. Non è mai troppo tardi per tornare alla ragione. L’Italia ripudia la guerra, come insegna l’art.11 della nostra Costituzione. Vogliamo che ripudi anche questa di guerra, scongiurando avventure militari, invio di armi e sottraendosi alla logica di morte degli opposti imperialismi».

Anche papa Francesco ha insolitamente citato questo fondamentale articolo della nostra Costituzione nel messaggio dopo l’Angelus di domenica 27 febbraio riconoscendo che siamo «sconvolti da qualcosa di tragico: la guerra» e ribadendo che «chi fa la guerra dimentica l’umanità. Non parte dalla gente, non guarda alla vita concreta delle persone, ma mette davanti a tutto interessi di parte e di potere. Si affida alla logica diabolica e perversa delle armi, che è la più lontana dalla volontà di Dio».

Parole per nulla retoriche ma che sollecitano un discernimento personale e collettivo davanti allo scenario evidente dell’apocalisse nucleare che ormai viene trattata anche nei media più refrattari al tema.

Un tabù infranto già dall’aprile 2021 quando oltre 40 associazioni cattoliche italiane hanno sollecitato governo e parlamento ad affrontare la questione della dottrina nucleare della Nato che impone di non rendere neanche in considerazione la discussione sull’adesione dell’Italia al trattato che mette al bando le armi nucleari.

Le stesse realtà si sono riunite il 26 febbraio in una lunga maratona di interventi in presenza e on line per capire come affrontare questo muro di gomma pur di fronte all’evidenza catastrofica di continuare a correre verso il baratro.

Un’istanza di ragionevolezza che si scontra, in piena guerra in Europa, con la tendenza a serrare i ranghi e pretendere obbedienza di schieramento.

Ma è proprio nell’ora più buia che ci è chiesto di fare tutto il possibile per impedire il suicidio dell’umanità.

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