Riforma costituzionale. Attenzione alle fondamenta della casa comune

Un contributo al dibattito sul Referendum costituzionale a partire dall’importanza di rispettare la sovranità popolare. Nella modifica della seconda parte della Costituzione (ordinamento della Repubblica), oggetto della Riforma, non si può non mantenere la fedeltà ai valori fondamentali incarnati nella prima parte della Carta
Ansa costituzione

La Costituzione non è una legge qualsiasi, poiché esprime le basi comuni della convivenza civile e politica, sostanzialmente contiene quelle “regole del gioco” a cui ciascun cittadino italiano, a prescindere dalla connotazione politica, si deve attenere. Ragione per cui anche il “modo” con cui si giunge ad incidere non può prescindere da meccanismi – anche questi precisamente normati e sottoposti al controllo – che costituiscono una garanzia di “credibilità” ed “efficacia” della stessa Carta Costituzionale.

 

 

Una Riforma istituzionale che voglia essere tale non può prescindere dalle regole di correttezza e di trasparenza della procedura di revisione costituzionale, diversamente si rischia di portare un sicuro “stravolgimento” dell’ordinamento giuridico italiano, ma in senso negativo e confusivo. In sintesi non è sufficiente dare una veste di apparente legittimità se totalmente carente è la legittimazione. Un segnale, che i presupposti di proposizione non siano stati corretti, è che molti hanno trasformato questo momento di richiamo alla partecipazione popolare, referendum confermativo, come l’occasione di un voto atipico nei confronti dell’operato del Governo, quindi a favore o contro il Presidente del Consiglio ed il suo partito.

 

La delimitazione dei poteri dello Stato stabilito dalla Carta Costituzionale con il loro corretto funzionamento costituisce infatti una salvaguardia dell’esistenza stessa dell’Organo; uscirne significa esporsi e proporre un conflitto – anche se non armato, ma non per questo non altrettanto pericoloso – con altri e diversi poteri dello Stato, che rischiano di travolgere tutti, anche la stessa stabilità di un Paese.

 

D’altra parte l’eco nel dibattito attuale, ossia che il concetto di governabilità non può prescindere da un “Governo forte”, pone l’allarme – in questo senso la storia non insegna mai abbastanza – sulla nascita di fatto di “un’oligarchia” non rappresentativa che decida quale sia il “bene dei molti”, senza che si creino le condizioni del consenso più ampio possibile, un consenso popolare e partecipato.  

 

 

Purtroppo in un clima di violenza nel quale ci stiamo abituando a vivere sembra che tutto il resto possa “essere accettabile”, l’importante è moderare i toni. D’altra parte dovrebbe entrare in una riflessione comune, a rischio di essere “meno sereni” ma quanto meno vigili, un dato: l’Italia non è più fondata sul lavoro e da tempo la sovranità non appartiene al popolo.

 

Questa è la vera bomba da cui nessuno di noi dovrebbe sottrarsi e da cui partire per ricostruire il nostro Paese. E’ un dato tecnico non indifferente che nel 2013 la stretta maggioranza con cui si è approvata la revisione della Costituzione è la conseguenza del c.d. Porcellum, che ha attribuito al Partito Democratico, vincitore, un numero di seggi maggiore rispetto al consenso ottenuto.

 

 

 

Senza quel “premio” non si sarebbe nemmeno conclusa la fase parlamentare della revisione. In conclusione l’operazione referendaria rischia di essere una bella ambizione per chi esercita il potere in senso stretto, ma non esprime il consenso reale del popolo italiano, quello che ogni giorno si misura su come fare “a spezzare il pane” per la mancanza di occupazione e che non è oggetto di business; oggi occuparsi di immigrazione è decisamente più conveniente grazie alle erogazioni europee, le organizzazioni criminali lo sanno molto bene.  

 

 

 

Questo dibattito coincide con quello non meno acceso – anche in Italia – imposto dal Brexit e che suscita un interrogativo: In quale Europa vogliamo stare? Molti iniziano a rispondere: “non quella dei banchieri e della finanza”. Ora a noi: quale Italia vogliamo? Credo di interpretare il sentire di molti se affermo, che non è quella in cui attraverso una legge ordinaria venga compresso il diritto di voto (diritto costituzionale), attraverso il c.d. Porcellum prima e l’Italicum dopo, per esempio negando ai cittadini la scelta dei propri rappresentanti. Come leggere poi l’innalzamento delle firme da 50.000 a 150.000 per presentare leggi d’iniziativa popolare?

 

 

La Costituzione è fatta di due parti, nella modifica della seconda non si può non mantenere ferma la fedeltà ai valori in essa incarnati soprattutto nella prima parte, diversamente siamo in presenza di una strisciante aggressione ad essa, nella quale qualcuno addirittura sostiene di potervi ravvisare nei suoi estremi il reato di attentato alla Costituzione, che l’art. 90 Cost. riferisce al solo Presidente della Repubblica, ma che deve ritenersi esteso a qualsiasi forza politica, o leader politico che violi l’assetto parlamentare delineato dal Costituente.

 

 

D’altra parte,  lo stesso Giuseppe Dossetti (giurista, politico e presbitero), uno dei padri fondatori della Repubblica , poco prima di morire (15 dicembre 1996) si espresse affermando che solo un’Assemblea Costituente, eletta con un sistema proporzionale, avrebbe potuto essere rappresentativa di tutto il popolo e quindi assolvere il compito di mutare la Costituzione. Quindi non “intoccabilità”, ma a patto che il popolo c’entri e non a discapito delle priorità del Paese (giustizia, economia e salute).

 

 

Distinguersi da questo riferimento strutturale vuol dire lasciare gli ormeggi in un mare in tempesta, con il possibile esito di un naufragio. Ragione per cui non è possibile approcciarsi al testo della Riforma costituzionale con l’atteggiamento di colui che pensa che tutto è “perfettibile”, poiché questa modalità operativa, ossia l’essere approssimativi, rischia di creare un’impalcatura a cui poi non sarà possibile porre rimedio.

 

 

Un Governo è “forte”, quando è a servizio del popolo che è il “vero” sovrano; un rovesciamento apre le porte al rafforzamento delle lobby di potere, che per definizione fanno i propri interessi, ma non quelli dei molti (bene comune). La saggezza evangelica d’altra parte ci soccorre: “Chi di voi volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro” (Lc 14, 25-33). Riflettere è determinarsi al meglio.

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