Rifiuti, emergenza infinita

A Roma è scontro tra Capitale e Regione. Raggi e Zingaretti promuovono strategie diverse. Nel territorio laziale, però, non mancano esempi virtuosi.

Se lo chiedi a un abitante di Castelnuovo di Porto, a una manciata di chilometri da Roma, ti dirà che nel suo Comune l’emergenza rifiuti non c’è. In effetti nel piccolo centro alla periferia Nord della Capitale la raccolta differenziata raggiunge la percentuale più alta nel Lazio, con il 78,8%. Comuni ricicloni a parte, ve ne sono altri che, con percentuali di differenziata minori, restano tuttavia modelli incoraggianti per le buone pratiche adottate e i risultati conseguiti. La cosiddetta “emergenza rifiuti” nel Lazio altro non è che un fenomeno a macchia di leopardo, che colpisce alcune zone e ne risparmia altre, con piena responsabilità di chi amministra e ha amministrato i territori negli ultimi anni. È per questo che a Roma la sindaca 5stelle Virginia Raggi rimanda alle giunte precedenti le critiche per un’emergenza che pare insanabile, con cassonetti stracolmi, immondizia per strada e impianti di smaltimento al collasso. Ed è per questo che a Latina e a Frosinone (sedi di storiche discariche) i cittadini se la prendono con le istituzioni anche per il rischio verosimile di un avvelenamento delle acque nel primo caso e di contaminazione dell’aria nel secondo, mentre le procure indagano su eco-reati ed eventuali collusioni fra politica e criminalità.

Nella Regione sono attive 8 discariche per i rifiuti urbani non pericolosi e 3 impianti di incenerimento/gassificazione. Tuttavia, molti di questi sono vecchi e malfunzionanti, talvolta inutilizzabili, e di fatto la gestione dei rifiuti subisce rallentamenti e mette a rischio i livelli di salubrità delle aree. Le situazione è degenerata dopo la chiusura nel 2013 della discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa, che trattava 5 mila tonnellate di rifiuti al giorno, poiché il piano alternativo proposto dalla giunta Marino non decollò mai. Ad oggi la Regione Lazio ha redatto un elenco di 7 siti candidati ad ospitare una nuova discarica, ma le resistenze dei Comuni sono fortissime. Si assiste in particolare allo scontro fra Regione e Comune di Roma.

Il piano del Campidoglio, pensato non tanto per sanare l’emergenza, ma per affrontare il problema sul lungo periodo, dice no a nuove discariche e inceneritori e punta sulla riduzione dei rifiuti (da trasformare in materie prime) con l’aumento della differenziata (al 43% nel 2016) e sulla creazione di tre nuovi impianti per il compostaggio. Tuttavia ha suscitato una sollevazione la lettera inviata dalla Raggi, in qualità di presidente della Città metropolitana, ai 120 sindaci della provincia di Roma per mappare «le aree idonee alla localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti». Il malcontento nasce anche dal fatto che da anni i rifiuti prodotti nella Capitale – 1 milione e 700 mila tonnellate l’anno – vengono trasferiti in altre aree della Provincia e della Regione, in altre Regioni e perfino in Austria, per una spesa di 720 milioni. Anche la Regione pare far muro sulla possibilità di portare più rifiuti fuori dal Lazio e mette «in conto il ricorso all’export fino alla primavera del 2018».

Il presidente Nicola Zingaretti conferma la disponibilità di fondi per aumentare la differenziata e favorire il riciclo, dà il via libera a un impianto di compostaggio a Rocca Cencia e suggerisce la creazione di «un invaso per rifiuti trattati e innocui» e una riconversione degli impianti, ma richiama Roma Capitale e la Città metropolitana alle proprie competenze. La “guerra dei rifiuti” è in corso da tempo, ma con l’ipotesi di un ritorno anticipato alle urne c’è da aspettarsi che si faccia più infuocata.

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