Ricominciare la scuola dopo una bocciatura

Quella che può essere vissuta come un fallimento personale può trasformarsi in un'opportunità di rilancio. Qualche consiglio per ripartire nel modo giusto

La scuola è appena iniziata e tornare tra i banchi richiama diverse emozioni. Ad alcuni questo impatto potrebbe risultare più faticoso degli altri: coloro i quali essendo stati bocciati a giugno, si stanno accingendo a ripetere l’anno scolastico. Per loro i compagni di classe non sono gli stessi e gli insegnanti neppure. E se questo può creare un certo disorientamento, può al contempo anche fornire una ventata di aria fresca. L’iniziale fatica di costruire nuovi rapporti potrà essere l’occasione di “crescere”, di scoprire nuovi aspetti di sé proprio in virtù del nuovo contesto.

Come fare a dare il meglio di sé in questo nuovo anno?
Utilizzare l’occasione per costruire strategie nuove, efficaci e comuni
. L’atteggiamento con cui ci si pone può risultare determinante per favorire o compromettere la riuscita di questo nuovo anno. Certamente saranno importanti anche i comportamenti degli insegnanti e del gruppo classe, ma senza la propria personale predisposizione ad essere accolti e a lasciarsi sostenere, gli altri potranno poca cosa.

Nel gruppo classe ci si può percepire come individui isolati o come parte del tutto. Nel primo caso niente di ciò che gli altri faranno potrà servire alla propria integrazione e collaborazione, nel secondo caso ogni cosa fatta è a vantaggio personale e collettivo. Occhio dunque alla percezione che di sé stessi sia ha nel gruppo classe.

Attenzione alle emozioni e ai comportamenti che possono portare fuori strada. Famiglia, amici, insegnanti, situazioni di vita: la difficoltà può arrivare da ogni parte. Con essa arriva l’esperienza di sentirsi incompresi, delusi, spaventati, arrabbiati o la sensazione di non avere altre possibilità. A questi stati d’animo si tende a reagire mostrando disinteresse o con varie forme di protesta che non aiutano molto, tra cui il giudizio, la punizione e la rivendicazione.

Ciò che può effettivamente aiutare è di: 1) trovare il modo per rendere comprensibili a sé stessi ed agli altri, nel dialogo, i propri pensieri, emozioni e ragioni, 2) e cercare di comprendere nella maniera più obiettiva possibile la situazione generale o dell’altro.

Riconoscere ed occuparsi delle proprie emozioni
Quando emozioni o pensieri disturbanti affollano la nostra mente non è più possibile concentrarsi. Si attivano meccanismi di sopravvivenza che distolgono la capacità cognitiva di assimilazione, come afferma Fedeli nel testo “Emozioni e successo scolastico”. Le emozioni non si possono annullare, ma si possono condividere al fine di cercare di renderle più chiare. A tal fine è importante parlare con qualcuno che oltre a capire ed ascoltare, possa aiutare a non lasciarsi sopraffare da esse, a trovarvi se non una soluzione almeno una chiarificazione e a guardare le cose da più punti di vista. È invece molto rischioso cercare qualcuno che si fermi solo a solidarizzare, questo fa sentire appoggiati, ma non aiuta a vedere in maniera chiara l’intera situazione. A tal fine il confronto deve essere necessariamente dialogico.

Esistono buoni motivi per non studiare?
Lo studio serve a chi studia sia per ampliare le conoscenze, per formare la mente, per essere preparati a confrontarsi con gli altri e con la vita. Ognuno vuole quanto meno sentirsi alla pari nell’interazione con gli altri, si muove in ciascuno l’aspirazione ad essere “socialmente desiderabili”. Inoltre una buona preparazione è la base per svolgere al meglio in futuro il proprio lavoro ed essere appetibili sul mercato del lavoro. Ma lo studio in sé non basta, occorre curare anche gli aspetti socio-relazionali della propria formazione. Ed il gruppo classe, insegnante compreso, rappresenta una palestra di vita a tutti gli effetti per allenare quelle abilità sociorelazionali che costituiscono il grande bagaglio formativo delle competenze trasversali. Per questo motivo, se ci si sente svogliati è importante capire da cosa dipende. Meglio parlarne con i genitori o un adulto che possa aiutare a capire come gestire la svogliatezza. Chiedere aiuto è una abilità di autosostegno fondamentale.

Per concludere: il punto non è essere stato bocciato e dover ripetere l’anno, ma fare tesoro dell’esperienza maturata ed accrescerla sempre di più. “Imparare a cadere” non è solo un motto, è un’attitudine di vita. Se le scivolate non si possono evitare almeno si può imparare a non farsi tanto male.

È quello che hanno fatto illustri personaggi dalle cui biografie sappiamo che hanno avuto battute di arresto negli studi, ma che hanno sviluppato brillantemente i loro talenti.

Alcuni esempi? Albert Einstein, Rita Levi Montalcini, Thomas Edison, Bill Gates, Charles Darwin, Margherita Hack e sicuramente tanti altri.

 

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