Repubblica Centrafricana

I primi tempi del Movimento dei Focolari e l'avventura di un missionario dal cuore di bambino evangelico.

Avevo già vissuto diciotto anni in Africa, quando nel 1970, giunto il momento di trascorrere un periodo in Italia, sentivo un grande desiderio di conoscere il Movimento dei focolari.

A Ngaoundaye, la mia missione confinante a nord con il Ciad e ad ovest con il Camerun, per otto anni avevo speso tutte le mie energie nel fare sia materiale che spirituale. Sentivo tanto il bisogno di un relax, per riflettere sulla mia esistenza e mettervi un po’ d’ordine, ascoltando silenziosamente la voce di Dio che da sempre mi ama.

In lontananza e a singhiozzi avevo sentito parlare dei focolarini, che da poco erano venuti a Fontem, un centro sperduto in Camerun. Erano laici che chiamavano tutti fratelli… e vivevano da fratelli tra di loro e con le persone che incontravano. Le voci che avevo sentito erano abbastanza critiche: “Sono degli idealisti, si fanno delle illusioni” . Io che da tanti anni vivevo in Africa, sapevo bene che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Quindi avevo tanto desiderio di incontrarli per vederli all’opera.

Anche la parola “Fontem” mi risuonava interessante e strana. “Fontem” sapeva di “fons vitae”, sorgente della vita, e nel mio intimo mi domandavo che cosa avrebbe potuto significare per me. Forse loro avevano realizzato una “sorgente di vita”? Sentivo che era necessario incontrare queste persone, per farmene un’idea mia e trarne, se possibile, un’utilità personale.

L’occasione arrivò nel mese di maggio di quel 1970. Dovendo partire per il mio congedo in patria, era necessario fare un viaggio a Douala. Lì, al Centro d’Accoglienza dei missionari del Camerun, Centrafrica e Ciad, Dio mi aspettava.

Tutti ci conoscevamo, o almeno avevamo sentito parlare degli altri, dato che i missionari erano ancora pochi. Una persona però non avevo ancora visto e mi è stata presentata come “un focolarino”! Era Vittorio Brugnara, un trentino che lavorava come meccanico proprio a Fontem e che si trovava a Douala per ritirare, dalla nave giunta da Genova, le tubature necessarie per la condotta forzata della futura centrale elettrica.

Vittorio non riusciva ad ottenere dal procuratore delle Missioni Cattoliche la firma sui documenti che la dogana richiedeva. Ci voleva poco per mettere quella firma, ma quei cosiddetti “focolarini” sembravano tanto bambini e tanto ingenui ed era bene metterli alla prova. Vittorio mi ha subito impressionato per la sua tranquillità: se avesse alzato il tono della voce, la firma tanto desiderata l’avrebbe ottenuta subito.

In quella prima serata ho passato due ore indimenticabili sulla terrazza, sulla riva del fiume Wouri. A dire il vero, con Vittorio mi sono comportato un po’ come l’avvocato del diavolo, ma lui alle mie questioni rispondeva sempre con il ritornello: “Volontà di Dio… aspetterò le decisioni… importante è amarci”.

Dopo una notte un po’ agitata, risentendo l’eco di queste ultime parole, di prima mattina vidi sul comodino di Vittorio, che aveva la camera accanto alla mia, un semplice foglietto con le seguenti parole, a cui rispondeva sì o no: santa Messa? Rosario? Visita al SS.mo? ecc. Non ho avuto il tempo di leggere tutto, perché mi è apparso Vittorio. Indicandogli lo scritto, dissi semplicemente: “Vittorio, questa è roba da bambini!”. E lui: “Sì, se non siamo come bambini non entreremo nel Regno”.

Mi diedi per vinto: quella semplice frase era il “colpo basso” di cui avevo bisogno. Semplicemente gli feci capire che avevo capito e che mi bastava. Soltanto gli chiesi un indirizzo in patria, per poter fare un buon ritiro spirituale; me lo diede subito. Poco dopo ritornai nel Centrafrica, per prendere l’aereo che mi avrebbe portato a Genova.

In un mese partecipai a quattro incontri dei focolarini: alla Mariapoli di Bergamo, ad un incontro a Rocca di Papa con 350 religiosi di 60 congregazioni; due settimane a Loppiano, la cittadella nascente del Movimento, e una settimana a Fontem, dove incontrai Marilen Holzhauser e Lucio Dal Soglio, con Vittorio Brugnara ed altri.

Ero tutto occhi e tutte orecchie! Marilen mi portò in alto, sulla centrale elettrica. Le dissi: “Qui c’è un paradiso dentro un altro paradiso!”. E lei, fattasi seria, mi rispose timidamente, ma fortemente: “Padre, non sente che tutto questo è suo?”. A piccoli passi ho visto, anche senza troppo vivere. Oggi aggiungo: “Guai se avessi capito tutto dal principio!”.

Ritornato nella missione, mantenni una fitta corrispondenza con Marilen e Lucio: le loro lettere mettevano benzina sul fuoco. Ero pronto a tutto, anche ad organizzare una Mariapoli a Ngaoundaye, senza pensare che avrei fatto scomodare quelli di Fontem! E ciò avvenne per una semplice frase: “Se la Mariapoli non si può fare: va bene lo stesso”. Mi risposero: “Ah sì, per te fa lo stesso. Vuol dire che sai perdere e quindi la Mariapoli la faremo”. Fu la prima di tutta l’Africa, qualche mese prima di quella in Burundi e un anno prima di quella di Fontem.

Lucio mi inviò in dettaglio i particolari della preparazione: distinguere i partecipanti secondo i “colori” (i sette aspetti della spiritualità dell’unità), preparare le esperienze, adattare i canti, ecc. Pieno di entusiasmo io dicevo sempre di sì.

In quel febbraio del 1972 partirono da Fontem Lucio, Gilda Schettini e Annie Keimeulen. Piero Pasolini all’ultimo momento dovette desistere per altri impegni. I partecipanti alla Mariapoli furono 150, tra i quali il vescovo di Moundou (Ciad) e molti religiosi.

Il primo giorno non sono mancati gli intoppi e le contestazioni, ma io sono andato subito in chiesa, davanti al SS.mo, per dirGli: “Mi hai mostrato qualcosa di grande: ora pensaci Tu, io non me ne intendo”. Così, restando nella pace, tutto è finito in gloria.

Andai poi a Fontem varie volte. Innanzitutto per la prima Mariapoli che si svolse lì, nella quale furono presenti il vescovo Peeters di Bouea e il Fon, colui che aveva domandato a Chiara la presenza dei focolarini.

In quella prima Mariapoli c’era anche il cappuccino Agostino Delfino che ben presto sarebbe diventato il punto di riferimento del Movimento in Centrafrica e che poi sarebbe divenuto vescovo di Berberati. Come un piccolo fuoco l’Ideale dell’amore si espanse sempre più.

Da Ngaoundaye iniziarono degli incontri informali, una Mariapoli nel vicino Ciad (Gagal e Kelo) e due Mariapoli a Donia e Moundou, con la partecipazione di alcune focolarine di Fontem. In Centrafrica organizzammo una Mariapoli a Bocaranga, con la partecipazione di Marilen, Lucio, Walburga e Rosanna. Altre Mariapoli ci furono a Bouar (Fatima e St. Joseph), a Bangui e altrove.

Per vari anni consecutivi noi religiosi dell’Opera di Maria del Centrafrica ci trovavamo annualmente nel vicino Ciad, a Bertoua o Ngaoundere. Sempre veniva qualcuno da Fontem e Celso Corbioli omi da Fonjumetaw. A Bocaranga e a Bouar furono organizzati vari incontri e congressi gen, con due focolarini, Jean-Claude e Yannick di Douala.

Nel 2000, in preparazione alla visita di Chiara a Fontem e per aiutare Celso nell’inaugurazione della chiesa di Fonjumetaw, ho passato quattro mesi con lui. In quell’occasione Chiara ha deciso di aprire un focolare a Bangui, la capitale del Centrafrica. Termino, dicendo con Maria: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome!”.

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