Regalo di natale cioè dono

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Sono appena tornata da Londra. La città era già tutta vestita a festa: aeroporto, vie, negozi, ovunque luci, colori, festoni, vetrine invitanti… In Italia la tivù quasi ogni giorno fa i conti in tasca alla gente: quanto si spenderà in regali? Quali sono i regali che vanno per la maggiore quest’anno? Quelli utili, certo (ci sono pochi soldi in giro), ma i commercianti si augurano di vendere soprattutto articoli di lusso. E, di certo, non si rinuncerà agli articoli tecnologici e soprattutto ai giocattoli (a Natale i bambini sono in prima fila). E poi, per la tavola non ci saranno risparmi: tonnellate di panettoni, dolci vari, ettolitri di spumante, piatti della tradizione e della novità. I chef, nei ristoranti, affilano le idee e i coltelli. Nelle famiglie si fa l’elenco delle persone a cui non si può non regalare qualcosa. Un misto di sincerità e vanità, di consumo ma anche desiderio di rapporti veri, di famiglia; tentazioni di spreco, ma voglia di una certa condivisione, voglia di gioia vera e, anche… finta. È Natale anche in questa società complessa, che vive al di sopra delle proprie possibilità e che caparbiamente continua a credere che la felicità propria stia nell’abbondanza. Senza rumore, ma con insistenza e persistenza, il messaggio di Natale è sempre nuovo e sempre lo stesso e ci sarà sempre qualcuno che racconterà ai bambini e ai grandi che Natale significa dono d’amore di Dio all’umanità in Gesù, il bambinello nato da Maria, nella povertà della grotta di Betlemme. È il dono per eccellenza, è il regalo, cioè dono del Re, regalità d’amore, ai suoi figli. Da quella grotta spoglia si irradia per noi tutti il senso della nostra vita, della nostra avventura, il senso dei nostri atti, dei nostri rapporti: essere dono, facendo dei doni; essere amore, compassione, bontà nell’atto di regalare cose. Essere dono non regalando cose ma sé stessi nella semplicità, nella gioia, con un sorriso, un invito, una parola, un momento insieme. Doni che non costano denaro, ma lo sforzo (e per questo più preziosi) di uscire dall’io per andare verso l’altro, così come il Verbo si spogliò della sua divinità per diventare uomo e venire ad abitare in mezzo a noi, con noi, essendo uno di noi. Per dirci con parole e con la sua vita che siamo figli di un Padre e non orfani, liberi e non schiavi. E che le città si vestano di luci e le case di voci, di suoni; le chiese siano colme di gente, risuonino di canti e rintocchi di campane, perché è nato l’Emanuele, il Dio con noi.

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