Rafal Blechacz a Roma

Il pianista polacco suona Bach,  Beethoven, Chopin a Santa Cecilia
classica

Assolutamente romantico. Ha trent’anni ma ne dimostra venti ed assomiglia, anche fisicamente, a Chopin. È leggero, ma dentro ha un fortezza d’acciaio. Veste ancora il frack, come i virtuosi d’un tempo, ed è quindi controcorrente rispetto ai musicisti attuali che indossano una giacca da camera ormai, un ennesimo clichè per apparire “moderni”.

Lui, Rafal, moderno, lo è nell’interiorità. Il suo Bach (Concerto secondo i l gusto italiano in fa magg. BWV 971) non è levigato e freddo, ma accarezzato in un ritmo cantabile pieno di gioia. Il suo Beethoven – la celebre Sonata n. 8 in do min. “Patetica – è libera dalle smancerie pseudoromantiche di tanti interpreti, è forte, drammatica a volte (primo tempo), poi si scioglie in un canto, con gran misura, nell’Andante cantabile e brilla nel finale Rondò. Rafal fa del pianoforte una vera orchestra, con tanto di solisti ed è un prodigio vedere la mani scorrere liberissime sulla tastiera, mantenendo un senso del ritmo ferrato e soprattutto evidenziando il sentimento: maschio e virile questo di Beethoven, senza indulgenze all’eccesso emotivo.

Quando poi si arriva a Chopin – Notturno n. 2, Tre Valzer op.64, Tre Mazurche op. 56 e la Polacca op.44- tutti lavori estremi del musicista, il polacco Blachacz ci fa entrare nel suo mondo perfetto con una verginità di tocco, una passione “frenata”, una purezza d’animo ed un senso del canto invidiabile. Ci si apre un mondo, che non è il romanticismo storico, ma è l’anima umana che quest’uomo minuto, trasmette a sé stesso ed a noi con una foga ardente e al contempo controllatissima. Una interpretazione eccelsa, applausi a non finire. Peccato venga a Roma solo una volta all’anno.

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