Raccontare l’altro

Si è tenuto il 5 maggio a Roma Un'altra informazione è possibile: convegno sulle peripezie delle notizie: un nuovo modo di guardare al flusso informativo
Manifesto Un'altra informazione

Un convegno insolito, senza tavolo né sedie per i relatori, perché tutti si sentissero partecipanti attivi: così il moderatore ha presentato Un’altra informazione è possibile: convegno sulle peripezie delle notizie, promosso dal gruppo Agesci “Clan universitario di Roma” all’università La Sapienza, in collaborazione con Amu, Libera, NetOne e PuntoLab. Un momento in cui «capire come l’informazione può farci avvicinare all’altro, che spesso non conosciamo», attraverso un colloquio con rappresentanti di altrettanti modi “diversi” di fare informazione.

 

Tonio Dell’Olio è responsabile del settore internazionale di Libera, associazione attiva su tutti i fronti della lotta alle mafie. Mafia, infatti, è un nome da declinare al plurale: «Il fatto di pensare che esista una sola forma di criminalità organizzata – ha affermato – è una delle più grosse distorsioni informative». La seconda è che le mafie raggiungono le prime pagine solo in relazione a fatti di sangue, mentre «queste in realtà sono essenzialmente degli attori economici: basta confrontare il clamore suscitato nel 2007 dalla strage di Duisburg, contro il silenzio sotto cui è passato il fatto che la mafia tedesca avesse acquisito un pacchetto di azioni di Gazprom». Per questo l’informazione intesa come conoscenza «è parte integrante della democrazia», fondamentale soprattutto per combattere quella che Dall’Olio ha chiamato «mafiosità»: un atteggiamento diffuso di tolleranza del non rispetto delle regole. «Perché, se rappresentiamo le mafie solo come organizzazioni criminali – ha aggiunto – ne consegue che solo le forze dell’ordine e la magistratura sono legittimate a combatterle, mentre è compito della società intera».

 

Si è poi passati alla presentazione di un esempio di questa “informazione diversa” grazie all’esperienza di PuntoLab, nato come spazio di dialogo tra professionisti e diventato “laboratorio civico di comunicazione” con l’apertura al pubblico un anno fa. A portare uno spaccato del panorama informativo attuale, dei criteri di notiziabilità e del lavoro di PuntoLab è stata la programmista Tamara Pastorelli, seguita dal racconto dell’esperienza diretta a Lampedusa della corrispondente di Città Nuova Maddalena Maltese. Un lavoro che si svolge nel solco del dialogo con i fruitori dell’informazione, per contribuire ad una “cultura dell’unità” grazie ad una costante presenza dell’altro nella notizia.

 

L’informazione, inoltre, è strettamente legata al tema dello sviluppo: lo ha sottolineato Stefano Comazzi dell’Associazione mondo unito (Amu), che ha portato dati sulla presenza dei Paesi in via di sviluppo nel nostro panorama mediatico. Nel caso in particolare di Haiti, si è passati da un picco durato circa un mese dopo il terremoto ad un’assenza pressoché totale, confermando che è soltanto l’onda emotiva a sostenere l’interesse per queste realtà. «E ciò accade – ha affermato Comazzi – perché si valuta solo il rendimento economico di un Paese, e non la dignità delle persone che lo abitano».

 

La difficoltà a reperire informazioni sui Paesi in via di sviluppo, quelli africani in testa, è ben nota a tutti i giornalisti: lo sa bene Riccardo Barlaam de Il sole 24 ore, che ha raccontato la storia dell’agenzia di stampa Africa Times News da lui fondata. Il giornalista ha infatti utilizzato i soldi del Premio Enzo Baldoni, da lui vinto, per fondare nel 2008 una scuola per 50 giovani giornalisti nel villaggio camerunense di Fontem. Da lì è poi nata quest’agenzia di stampa, che oggi impiega tre giornalisti al sito web e tredici corrispondenti: ma il sogno di Barlaam è di arrivare ad averne 56, uno per ognuno dei Paesi africani. Questi giornalisti percepiscono uno stipendio pari a quello di un insegnante, 50 dollari al mese, uno dei più alti in queste realtà, ma più che i soldi è l’informazione che da queste terre può giungere il vero obiettivo del progetto.

 

A chiusura il dibattito incentrato su come avere un’informazione completa ed una visione reale degli avvenimenti. In uno degli interventi uno studente de La Sapienza ha affermato: «esco da qui non solo con una nuova analisi del mondo, ma anche con la consapevolezza e con la speranza che nell’informazione si può davvero raccontare il mondo».

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