Questura e Confindustria insieme contro il racket

Siglato un protocollo d'intesa a Palermo per il finanziamento delle attività della squadra mobile. In aumento gli imprenditori che dicono no al pizzo.
ivan lo bello

Il protocollo fra Confindustria Sicilia e Questura di Palermo, firmato in questi giorni, ha visto, per la prima volta, gli imprenditori intervenire finanziariamente con 350 mila euro per ristrutturare una vecchia chiesa sconsacrata, che sarà destinata alle riunioni del servizio centrale operativo della squadra mobile, dove vi sarà un’area dedicata agli imprenditori che vogliono denunciare. Non c’è dubbio: è in atto una corsa, una accelerazione sul tema della legalità, ed era proprio il momento!

 

«Questo protocollo è importante – ha spiegato Ivan Lo Bello (nella foto), presidente di Confindustria Sicilia – per tanti motivi. Ci sono tanti imprenditori che hanno denunciato e che spingono altri a denunciare le estorsioni mafiose grazie alla forte azione di contrasto messa in campo dalle forze dell’ordine. Questa è la cornice essenziale di una collaborazione avviata da tempo e che oggi aggiunge un ulteriore tassello nel segno della legalità».

 

Un percorso interessante di collaborazione che ha già dato i suoi frutti, come l’operazione Addiopizzo 5 che ha praticamente smantellato le cosche mafiose di San Lorenzo e Tommaso Natale. È un percorso culturale, non più una semplice dichiarazione di intenti, che vede tutti, nessuno escluso, coinvolti in questo cammino.

 

Sembra ancora ieri quando gli amici mi telefonavano per chiedermi cose stesse accadendo a Palermo. Meglio, perché non accadesse nulla a Palermo. Nulla in senso di buono e bello, perché di brutture e violenze non ne sono mai mancate.

 

Una impressionante teoria di morti, stragi, violenze, minacce… sembravano voler mettere in discussione che anche Palermo, e la Sicilia, potessero un giorno vivere una rivolta morale. Volevano mettere in discussione che anche a Palermo e in Sicilia potesse essere ritenuto normale passeggiare e fermarsi in un bar a parlare, sorseggiando un caffè.

 

Cos’altro poteva accadere dopo le stragi di Falcone e Borsellino e delle loro scorte? Sembrava, mi sembrava che no, non potesse accadere nient’altro. Tutto era tragicamente avvenuto, anche la “cristallizzazione” del dolore. Può anche accadere che un popolo, duramente provato, possa trovare nell’oblio un po’ di pace . Possa trovare il silenzio, la vita comunque. Poteva accadere e devo dire che più di una volta ho sofferto le pene dell’inferno al pensiero che stesse per accadere…

 

E invece no. Nonostante tutto il dolore senza risposta, anzi penso proprio grazie a questo dolore senza risposta, la Sicilia si è risvegliata con la provocazione dei ragazzi del Comitato Addiopizzo . Ricordate? «Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità». Un’azione di ragazzi, ritenuta appunto una “ragazzata”, che però ha saputo mettere in crisi un sistema mafioso. Di più. Ha saputo mettere in moto un processo culturale (sostegno ai commercianti che si rifiutano di pagare il pizzo, il consumo critico, etc.) che ha portato una ventata di freschezza (quel «fresco profumo della democrazia» cui accennava Paolo Borsellino). Pensate all’esperienza dei ragazzi del Comitato Addiopizzo Junior che propongono, ad esempio, ai loro coetanei il consumo critico…

 

Ma ancora. Il codice etico, adottato dall’associazione degli industriali siciliani, le operazioni di contrasto al racket da parte delle forze di polizia e della magistratura, la nascita, dopo tanti anni dalla uccisione dell’imprenditore Libero Grassi, della prima associazione antiracket a Palermo, Libero futuro, la presenza di Banca etica a Palermo che aiuta economicamente quelle aziende e quei commercianti che vogliono uscire dal tunnel del racket… A questo si aggiungono quest’ultimo protocollo e un risultato che la dice lunga: nonostante l’allontanamento di alcune imprese a seguito dell’adozione del codice etico da parte della associazione degli industriali, il numero delle aziende associate risulta in aumento.

 

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