“Questa scuola non ha più pareti”: un approccio ecosistemico all’istruzione

Nel mondo delle associazioni professionali che operano nel mondo dell’educazione, conosciamo l’esperienza di ADi. Associazione docenti e dirigenti scolastici italiani, attraverso una breve intervista alla presidente Alessandra Cenerini
scuola
Pixabay

L’Italia è ricca di associazioni professionali nel mondo della scuola e dell’educazione. Alcune di queste partecipano ai tavoli parlamentari di dialogo, organizzati dal Movimento politico per l’unità, in collaborazione con Città Nuova, su questioni relative alla valorizzazione degli insegnanti e alle povertà educative. Iniziamo un viaggio dentro ognuna di esse per coglierne la diversità, espressa in idee, proposte, esperienze. Partiamo da una premessa: Gli educatori siano maestri di speranza (prof. Michele De Beni). Gli adulti non possono infatti “tradire” i loro figli. L’emergenza educativa costringe, infatti, docenti e genitori a introdurre le nuove generazioni alla vita vera e alla complessità dei tempi moderni. Cresce quindi il nostro impegno educativo. In questo quadro «cosa fanno di speciale gli insegnanti?», si chiede De Beni. «Fanno la differenza». È il tema del recente seminario allo Ius Sophia di Loppiano con i finalisti italiani del Global Teachers Prize.
Iniziamo da ADi. Associazione docenti e dirigenti scolastici italiani, nasce alla fine del 1998 «in un momento di crisi e di involuzione del sindacalismo scolastico, di stasi dell’associazionismo professionale tradizionale… Si pone la finalità di elaborare e proporre contributi originali sui grandi temi dell’istruzione e di promuovere una riflessione sugli elementi fondanti la professione docente al fine di restituirle dignità e prestigio sociale. ADi rivendica una nuova qualità professionale». A questo fine elabora il Codice etico- deontologico della docenza nel 1999. Fissa poi gli standard professionali dei docenti. Nel 2003 abbraccia con convinzione l’autonomia scolastica e la decentralizzazione dell’istruzione, varata dalla Riforma del Titolo V della Costituzione. Il sito è un punto di riferimento della ricerca educativa e la newsletter raggiunge i 30 mila abbonati. L’attività di formazione dei docenti e dirigenti scolastici si estende a tutte le Regioni con riconoscimento Miur. Qualità ed equità dell’istruzione e sviluppo e differenziazione professionale della docenza con la creazione di una leadership sistemica diffusa diventano le finalità principali dell’Associazione, mentre si approfondisce il confronto internazionale. La sempre più diffusa ricerca comparativa con gli altri sistemi scolastici e la creazione di contatti a livello globale vengono rese visibili dal seminario internazionale realizzato annualmente dall’ADi.
“Questa scuola non ha più pareti” è il titolo dell’ultimo seminario internazionale tenutosi a Bologna il 21- 22 ottobre. Pandemia, guerra, recessione stanno cambiando lo scenario mondiale. La scuola è chiamata a una radicale trasformazione. «Il vecchio paradigma dell’apprendimento era incapsulato in una narrazione basata sul “successo” dei singoli nelle singole scuole, fondato sul capitale umano dei singoli insegnanti nelle singole classi. Una nuova narrazione deve “espandersi”, deve reimmaginare l’istruzione in un contesto sociale più ampio oltre le pareti della scuola, essere più informata e profondamente etica, sostenuta dal capitale sociale e professionale di team di insegnanti, guidati da una leadership illuminata».
L’approccio ecosistemico all’apprendimento giustifica il titolo del seminario: “Questa scuola non ha più pareti”. È un approccio basato su scienza ed evidenza, neuroscienze e big data, ma orientato alla fioritura dell’humanitas per un benessere intrapersonale, interpersonale, territoriale e globale. Un’educazione che incorpora i valori della sostenibilità, della solidarietà e della responsabilità comune nell’assunzione delle decisioni. Ecco allora il tema della sfida dei curricoli nell’era dell’intelligenza artificiale. Poi la questione centrale oggi: come garantire equità, eccellenza, inclusività. Per concludere con “come reimmaginare la didattica, il tempo e lo spazio alla luce delle neuroscienze”.

 

Breve intervista alla presidente Alessandra Cenerini

Durante e dopo la pandemia ADi ha ripetutamente affermato la necessità di trasformare profondamente la “narrazione” dell’istruzione che ci ha finora accompagnato. Quali elementi sostengono questa vostra pressante richiesta?

La pandemia non ha portato alla luce elementi nuovi, ma ha fatto esplodere l’inadeguatezza di questa scuola, con i suoi riti e la sua “grammatica”, rispetto ai problemi che vive la così detta Generazione Zeta. Una scuola che non ha ancora manifestato consapevolezza del fatto che l’Intelligenza Artificiale sconvolgerà i curricoli, il loro inutile e dannoso sovraccarico, la separatezza delle discipline, il modo in cui vengono insegnate e apprese. Una scuola che non sa e non vuole fare i conti, nonostante l’evidenza delle statistiche, con il drammatico aumento dell’ansia, della depressione e dei suicidi fra i giovani e i giovanissimi (seconda causa di morte fra i 14 e i 18 anni), consumati in un clima di crescente individualismo. Una scuola che si tiene estranea all’aumento sociale dell’intolleranza e dell’estremismo violento e a sconvolgenti fenomeni globali, che impatteranno sulla vita dei giovani molto più della pandemia, come i cambiamenti climatici. E tutto questo avviene dopo aver fallito l’obiettivo delle riforme degli anni ’60: l’alfabetizzazione di massa e il superamento delle disuguaglianze. Ce n’è abbastanza per chiedere di reimmaginare la “narrazione” dell’istruzione.

Quali sono, allora, i principi sulla base dei quali ADi ritiene che si debba reimmaginare l’istruzione?

ADi ha definito questa nuova visione come «paradigma umano», il perseguimento dell’humanitas. E fa riferimento alle neuroscienze per meglio chiarire questo cambiamento. Non si possono più separare le competenze cognitive da quelle emozionali e sociali. Non si può più separare l’apprendimento dal benessere. La neuroscienziata canadese Jean Clinton, nel sostenere che l’apprendimento significativo può avvenire solo in condizione di benessere, specifica che benessere «è sentirsi sicuri, apprezzati e percepire lo scopo e il significato di ciò che si fa e si vive, ed è l’impegno in attività significative che contribuiscono al benessere degli altri». Nella pratica questo comporta accrescere non solo il “capitale umano”, ma anche il “capitale sociale”, in riferimento sia agli studenti sia agli insegnanti. L’istruzione è una grande “impresa sociale e relazionale”, che richiede un indispensabile lavoro di squadra sia degli insegnanti fra loro, sia degli studenti fra loro, e insieme di studenti e insegnanti. E comporta abbattere i muri della scuola, intessere relazioni locali, nazionali e globali. Una scuola che persegue un apprendimento rigoroso, fondato sul protagonismo, sull’“agency” degli studenti; una scuola che dà spazio alla creatività, che è aperta al mondo e profondamente intrisa di valori umani.

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