Quel treno per Yuma

Il western è tornato. Aggiornato, riveduto e corretto per adeguarlo al disincanto di questo ini- zio di millennio, il più classico dei generi cinematografici si sta ormai riaffermando ovunque, grazie anche all’interesse di registi di ogni parte del mondo, come testimonia l’invasione di western alla recente Mostra di Venezia. Dal canto suo, James Mangold ci prova con il remake di uno dei capolavori del genere, Un treno per Yuma, del 1957, con Russel Crowe nel ruolo di Ben Wade, bandito colto e spietato, icona dell’antieroe, che fu di Glenn Ford. Un tentativo ambizioso e difficile, in cui il regista di Cop Land si cimenta animato più dalla passione per un film che ha sempre dichiarato di amare moltissimo che dalla conoscenza e dimestichezza con il genere. Il risultato è un film curato e spettacolare, ma senza il mordente e la tensione dell’originale. Il dualismo tra il bandito e il contadino, vero fulcro narrativo di tutta la storia, rimane sempre a livello superficiale e, se si eccettuano alcune scene veramente degne di nota, il film sconta un ricorso Cinema agli stereotipi che suona un po’ anacronistico. Il punto di forza del film è sicuramente il cast. Oltre alla star australiana, da segnalare Christian Bale nei panni del contadino che decide di scortare il fuorilegge per racimolare i soldi che gli servono per salvare il suo ranch, Peter Fonda nel ruolo dell’agente Pinkerton che guida la scorta e uno straordinario Ben Foster a interpretare il sanguinario braccio destro di Ben Wade. Rispetto all’originale cambia il finale ma, soprattutto, trovano spazio nella sceneggiatura numerosi riferimenti al presente: dallo sfruttamento dei cinesi per la costruzione della ferrovia alle torture che alcuni zelanti tutori della legge infliggono al bandito. Un film interessante ma, alla resa dei conti, dai risultati contraddittori. Forse la rinascita del western non passa di qua. Regia di James Mangold; con Russel Crowe, Christian Bale, Peter Fonda, Ben Foster, Gretchen Mol, Vinessa Shaw.

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