Quando il pericolo è in casa

La quarantena imposta dal coronavirus ha comportato l’aumento delle violenze intrafamiliari su donne e bambini. Alcune strategie per essere di aiuto a chi ne è coinvolto
ANSA/CLAUDIO PERI

Lo spazio interpersonale è uno dei fattori che incidono sul benessere della persona e delle relazioni. Ognuno di noi stabilisce uno spazio personale, grazie all’azione dell’amigdala, nell’area più antica del cervello detta anche rettiliana, per proteggersi da ciò che viene percepito come pericoloso. Una possibilità questa che è preclusa quando si è costretti a rimanere in contatto con la fonte di stress, a causa di restrizioni imposte o da uno stato di assoggettamento fisico o psichico. È in questi casi che può aumentare il rischio di violenza intrafamiliare.

Per violenza intrafamiliare si intende, secondo l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità), un fenomeno molto diffuso, trasversale a tutte le classi e a tutti i ceti economici, che riguarda ogni forma di abuso psicologico, fisico, sessuale e le varie forme di comportamento coercitivo esercitato per controllare emotivamente una persona che fa parte del nucleo familiare, e la violenza assistita, ovvero l’esposizione dei minori a scene violente tra i membri della famiglia, specificamente di bambini e ragazzi testimoni di violenze sulle madri.

Si tratta di una realtà dolorosa, la seconda forma di maltrattamento più diffusa nel nostro Paese secondo la ricerca epidemiologica sul maltrattamento compiuta da Cismai, Terre des Homme e Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza del 2015. Il 27 marzo 2020 l’Ohchr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani) ha allertato i governi sul rischio di aumento della violenza intrafamiliare durante l’emergenza Covid-19, a causa dell’isolamento imposto dalle istituzioni, che aumenta la vulnerabilità di donne e bambini soprattutto in contesti familiari che erano già fragili e che ora si vedono, a causa della quarantena, privati dei supporti socio-assistenziali ed educativi: milioni di potenziali vittime sono costrette a stare, per 24 ore al giorno, sotto lo stesso tetto di potenziali aggressori, nella segretezza, senza che i servizi di tutela possano entrare in casa o che i minori possano più frequentare la scuola e i servizi educativi che erano comunque antenne per leggere i segnali di violenza.

Importante è la posizione dell’Agenzia governativa italiana per la coesione territoriale: il fatto che nel periodo che va dall’1 al 22 marzo 2020 i numeri del maltrattamento in famiglia siano diminuiti del 43,6% non va letto come un dato positivo, ma come una prova del crollo delle denunce e delle richieste di aiuto ai centri specializzati, dall’inizio della pandemia, come un effetto diretto dell’impossibilità di uscire da casa. È molto indicativo il documento sottoscritto ad inizio aprile da 21 organizzazioni mondiali (tra cui Unicef, Ispcam, Save the Children) in cui si chiedono ai governi misure di protezione urgenti.

In esso si legge che le pur necessarie norme di isolamento stanno aumentando il rischio di violenza, soprattutto per i minori di età che vivono in condizioni di fragilità o in contesti famigliari poveri e disfunzionali, nonché di esposizione al cyberbullismo, al comportamento rischioso online e allo sfruttamento sessuale. In Italia sono soprattutto le reti antiviolenza che stanno facendo pressione. L’associazione nazionale Di.Re. (Donne in rete contro la violenza), con sede a Roma, ha ottenuto che i centri antiviolenza sparsi sul territorio nazionale continuassero ad assicurare il supporto essenziale alle donne vittime, e ha puntato anche l’attenzione sulle tante donne assistite che stanno perdendo il lavoro (con grave pregiudizio del loro percorso di fuoriuscita dalla violenza e di autonomia) chiedendo per loro di modificare la destinazione del fondo per il micro-credito (2 milioni di euro) in un fondo destinato a un reddito di libertà per le donne vittime di violenza accolte.

I centri antiviolenza della rete D.i.Re si sono tutti organizzati in modo da garantire: reperibilità telefonica (nella maggioranza dei casi h24); sostituzione dei colloqui previsti nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, compresi quelli con psicologhe e/o avvocatesse, sostituiti ove possibile con colloqui telefonici e Skype; incontri di persona in sede, in particolare per i casi di emergenza, nel rispetto delle disposizioni per la prevenzione del contagio. Utile l’iniziativa della Polizia di Stato che sta incentivando l’applicazione “YouPol”, che consente di segnalare episodi di violenza, con la geolocalizzazione della posizione e la trasmissione dei dati alle questure.

A livello locale è significativa l’iniziativa della Commissione per le pari opportunità della Regione Calabria con la campagna di sensibilizzazione alla non violenza di genere “VitaSospesa”, affinché le donne non siano riluttanti a denunciare. Essa si fa forza di una recente sentenza del tribunale di Trento, dove si chiede che siano i maschi maltrattanti a lasciare le abitazioni, al fine di rimuovere uno dei possibili ostacoli che impediscono alle donne di denunciare la violenza subita.

Per quanto concerne i minori, il Cismai sta sostenendo il lavoro dell’Autorità garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) che ha chiesto al governo presieduto da Giuseppe Conte interventi urgenti tra cui: indicazioni chiare per garantire interventi coordinati e omogenei, adeguate risorse economiche e umane, cabine di regia locali per fare rete, così da garantire continuità agli interventi urgenti e riorganizzare i servizi per mezzo dell’online e della valorizzazione delle attività domiciliari, con una specifica richiesta di attenzioni per i bambini e i ragazzi con disabilità. «Non dobbiamo dimenticare che l’esigenza prioritaria di tutelare il diritto alla salute deve essere contemperata con il principio del superiore interesse del minore e con i diritti all’uguaglianza e alla non discriminazione», si legge nella nota al governo di Filomena Albano, responsabile dell’Agia. «Va inoltre garantita – ha sottolineato Albano – la nomina dei tutori volontari e vanno supportati gli operatori dei centri e delle comunità».

 Alcuni riferimenti utili

Numero nazionale contro la violenza di genere: 1522

Numero nazionale contro la violenza sui minori: 114

Applicazione YouPol della Polizia di Stato (www.poliziadistato.it)

www.cismai.org
www.direcontrolaviolenza.it

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