Il profilo del migrante

Gente che cerca casa ce n'è più di quanti non si pensi: secondo le statistiche Unhcr le persone costrette a lasciare le proprie case per cause estreme nel 2017 sono state 68,5 milioni
È indubbiamente una cifra spaventosa che, oltre a riflettere un trend in costante aumento negli ultimi tempi (nel 2016 erano 65,6), infrange ormai da anni il triste record di individui forzati alla fuga, precedentemente raggiunto in occasione della Seconda guerra mondiale. In quel caso, i profughi, i deportati, gli esiliati, assommavano a 50 milioni, un numero che gli studiosi immaginavano mai più eguagliabile. 

Sono tantissimi ogni giorno. Nel minuto che avrete impiegato a leggere questo articolo fin qui, ne sono fuggiti altri 30. La metà delle persone che formano questa nazione virtuale in fuga, sono bambini e tra questi vi è una fetta che vaga per il mondo da sola: li chiamano "minori stranieri non accompagnati" e sono oltre 100 mila. 

Tracciare un profilo unico del migrante forzato è praticamente impossibile. I motivi che lo spingono a partire possono variare moltissimo tra di loro. C’è chi fugge atterrito dalla guerra: al momento sono in atto ben 47 conflitti nel mondo, i più cruenti si svolgono in Africa – Sud Sudan, Congo, Centrafrica – e Medio Oriente – Siria, Yemen – ma ve ne sono altri, meno conosciuti, in ogni continente, che oltre a fare tanti morti, generano massicci spostamenti di uomini, donne e bambini. Vi è poi chi scappa da regimi liberticidi. Tra i casi più eclatanti vi è senz’altro l’Eritrea da cui, a causa della dittatura instaurata da Isaias Afewerki (in carica dal 1993) e di un servizio militare sostanzialmente infinito per uomini e donne, lasciano il Paese oltre 6 mila persone al mese dei suoi poco più di 5 milioni di abitanti (si spera che la recente pace siglata con la vicina Etiopia e l’uscita dall’isolamento conseguente, inverta questa tendenza). Ma anche i disastri ambientali inducono milioni di persone alla fuga. Sono sempre di più, infatti, gli individui che per carestie – spesso, come in Sud Sudan, Yemen o Corno d’Africa, causate dai conflitti e l’impossibilità di coltivare – alluvioni ricorrenti fluviali o marine, e inquinamento (uno dei casi peggiori è l’area attorno al Delta del Niger, in Nigeria, dove gli sversamenti di petrolio delle multinazionali occidentali, hanno reso da anni impossibile viverci), scelgono di andarsene.

La domanda più importante che, a questo punto, dovremmo tutti porci è: una volta lasciate le proprie case, quei quasi 69 milioni di fuggitivi, dove vanno? È vero, come sembra ormai avvalorato, che "vengano tutti da noi"? Come ogni statistica affidabile dimostra, la stragrande maggioranza dei migranti forzati resta nelle stesse aree da cui fugge. La "top five" dei Paesi per numero di migranti forzati ospitati, vede al primo posto la Turchia (3,5 milioni), poi il Pakistan (1,4), l’Uganda (1,4) il Libano (1, ma il dato è sottostimato) e l’Iran (980 mila). Nei primi dieci, l’unico Paese europeo è la Germania (sesto con 970 mila), gli altri sono tutti africani e mediorientali. 

Solo il 6% di quella diaspora universale che sposta milioni e milioni di persone nel mondo approda in Europa: parlare di invasione è ridicolo. Se poi la riferiamo all’Italia, dal comico, si rischia di passare al patetico: dal 1° gennaio al 18 giugno 2018 i migranti giunti sul nostro territorio sono stati 15.610 con un calo rispetto al 2017  – in gran parte per effetto del cosiddetto “Pacchetto Minnniti" – del 77%.

I migranti forzati che tentano l’affondo verso l’Europa, a prescindere da motivi, sociologia e anagrafe, presentano tutti un elemento comune: il viaggio. Da qualsiasi latitudine, a qualunque condizione sociale appartengano, non avranno alcuna possibilità di approdare sui nostri lidi in maniera legale a causa delle misure restrittive che la Ue ha messo in atto negli ultimi anni. Dovranno rivolgersi senza alternative ai tour operator dell’inferno: i trafficanti. «La sera è arrivato un pick-up a prenderci – mi racconta Diana, una ragazza nigeriana giunta in Italia a 17 anni –, era strapieno perché eravamo 25 persone all’interno e ne poteva contenere 9 al massimo. Molte persone hanno perso la loro vita nel deserto a causa del freddo, la fame, l’oppressione. Due donne sono svenute dentro il pick-up, un ragazzo è caduto. Presto abbiamo finito il cibo e l’acqua e abbiamo rischiato di morire di fame».

Per fare questo viaggio verso la Fortezza Europa, si pagano fino a 13/15 mila dollari (il migrante infatti impiega anche 3, 4 anni ad arrivare perché si ferma a lavorare come schiavo nelle tappe intermedie per guadagnare soldi e pagare le tappe successive), si subisce e si assiste a ogni forma di violenza, si vede morire attorno a sé persone di continuo, si muore. Ogni persona che ho intervistato, mi ha detto di aver visto almeno 2/3 persone morire prima di arrivare nel Mediterraneo.

Se hanno la fortuna di giungere illesi fino da noi, avranno ferite fisiche e psicologiche da cui sarà estremamente difficile recuperare, loro e le loro famiglie saranno ridotti sul lastrico, indebitati per decenni par aver dovuto pagare i trafficanti. Incredibilmente, però, sono pronti a ripartire. Gli serve urgentemente una casa, fatta, prima che di mattoni, di comprensione.

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