Primo maggio, la festa non si svende

In tempi di recessione i consumi non ripartono con l’apertura indiscriminata dei centri commerciali. Cresce l’opposizione di alcuni sindacati. Ma come si supera la solitudine dei lavoratori e la precarietà dei diritti? Un film da vedere assieme ( “Due giorni, una notte”) per ripartire dalla dignità dell’essere umano
domenica

Nel giorno del primo maggio, che nel 2016 coincide con la domenica, alcune commesse e addetti dei grandi centri commerciali, come quelli della catena francese Carrefour, dovranno decidere se scioperare astenendosi dal lavoro, previsto dalle leggi italiane anche al di fuori delle attività di stretta necessità come sono quelle, ad esempio, dei medici o dei pompieri. 

 

La libertà di sciopero è solo teorica se si considera la molteplicità delle forme contrattuali che rendono il rapporto di dipendenza intrinsecamente precario. A farne le spese sono spesso gli stessi giovani che hanno conosciuto la desacralizzazione dei tempi della comunità. Le nuove generazioni non si scandalizzano per le domeniche e le feste senza pausa dai consumi industrializzati. Le stesse catene commerciali sono quelle che hanno inaugurato i negozi aperti 24 ore su 24 come avviene negli Usa, con gli addetti provenienti dalle classi più povere e marginali, e come accade con i negozi sovrabbondanti di frutta a prezzo basso gestiti dagli immigrati in Italia.

 

Sono gli effetti del Decreto Salva Italia sulle liberalizzazioni varato, a suo tempo, dal governo Monti per incentivare consumi e occupazione tramite l’eliminazione degli ostacoli all’esercizio delle attività economiche e l’applicazione del principio di libera concorrenza tra gli operatori.

 

Secondo i sindacati del commercio, come la Filcams Cgil, la competizione taglia fuori i negozi a conduzione familiare per concentrarsi «tra le grandi strutture commerciali dove il sempre aperto continua ad incentivare anche la cultura del centro commerciale quale luogo di ritrovo e passatempo, indebolendo i centri storici e il loro tessuto economico e culturale». Più in generale, questo tipo di gestione si rivela fallimentare perché pretende di aumentare i consumi e quindi astrattamente il benessere economico, ma non relazionale, proprio durante un periodo contrassegnato da una forte diminuzione del reddito disponibile della gran parte delle famiglie.

 

Resta da capire quale legame sociale può sostenere un tipo di rivendicazione sociale come quella di liberare il tempo e non svendere i tempi delle feste civili e religiose.

 

Per riscoprire il senso della festa del primo maggio è consigliabile la visione, meglio se collettiva, di “Due giorni una notte”, un recente film francese che esprime la solitudine di un’operaia lasciata in balia del proprio destino, con i colleghi chiamati a decidere, con un voto interno, se prendere un premio di risultato o lasciare la lavoratrice a casa perché ritenuta poco produttiva.

 

Assente e indifferente la “proprietà” dell’azienda, uno dei tanti parallelepipedi anonimi che contrassegnano le zone industriali delle nostre città. Qui, tra paure, angosce e affetti familiari, emerge lentamente uno sguardo reciproco che ridesta la bellezza e lo splendore della condizione umana fino alla maturazione di gesti di partecipazione, gratuità e dignità. Sono tante le storie come questa che attendono di essere raccontate e condivise.    

 

  

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