I primi 100 giorni di López Obrador

Cresce la popolarità del nuovo presidente. Decurtati gli stipendi dei più alti funzionari, vendute decine di auto blu, incremento delle politiche sociali. Ma sarà sufficiente per questa potenza economica?

I primi cento giorni di gestione del presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador, sono trascorsi senza gravi intoppi. Anche se ancora non ha iniziato a premere l’acceleratore per le riforme promesse in campagna elettorale, López Obrador continua ad accumulare popolarità. Tra il 70 e l’80 per cento dei messicani approvano la sua politica, cioè anche una parte di coloro che si sono astenuti o, addirittura, gli hanno votato contro. È dal 95 che un presidente non supera la popolarità ottenuta alle urne, ma nessuno ha ottenuto tanto appoggio.

Non è facile modificare i centri neuronali del potere per smantellare le reti di corruzione che corrodono dal di dentro lo Stato. Serve tempo. Nel frattempo, il neo-presidente ha tagliato gli stipendi dei funzionari di alto rango, ha eliminato le garanzie speciali degli ex presidenti, che potranno essere messi sotto processo, ha messo in vendita auto blu e viaggia su aerei di linea. È intervenuto con fermezza sul furto di combustibili del consorzio statale Pemex, che faceva sparire circa un terzo della produzione. Ha rispedito a casa funzionari corrotti dell’azienda e, sostiene il presidente, ciò consente un risparmio di 2,5 miliardi di dollari. L’esercito ora controlla alcune installazioni.

Ma siamo ancora lontani dal vedere una caduta dei tassi altissimi di criminalità, dalla lotta alla delinquenza e dal mettere argine ai femminicidi che ancora mietono troppe vittime. La promessa di un’amnistia sta cominciando a far fare i calcoli di convenienza a chi deve decidersi se sottomettersi alla legge, e al presidente, o continuare a sfidare la giustizia. È il lato più prammatico di López Obrador, che tra installare una vera cultura della legalità e ridurre il crimine sta optando per la seconda soluzione. Non mancano le incognite dovendosi accettare impunità o permanente violenza.

Nel frattempo, settimana dopo settimana, il presidente si è fatto carico di disagi puntuali varando politiche sociali in differenti Stati di questo Paese federale. Anche in questo caso, abbondano i contratti diretti senza appalti pubblici. Il suo obiettivo, di fronte a un mare di corruzione, è quello di far arrivare alla gente ogni “peso” destinato ai suoi concittadini. L’altra faccia della moneta è il rischio di una gestione personalista. Però finora ha ottenuto un avallo generoso e ha stabilito un legame di fiducia con la gente.

In tal senso, un elemento fondamentale del suo stile sono le lunghe conferenze stampa, con una agenda che comincia alle 7 del mattino e questo consente a López Obrador non solo di evitare zone d’ombra di fronte all’opinione pubblica, ma anche di parlare alla gente, usando il suo linguaggio. Senza fretta, con la sua peculiare lentezza.

L’economia di questa potenza economica soffre di rallentamento e vanno prese misure di ampio respiro se si vuole diminuire la povertà che affligge circa 50 milioni di messicani, su un totale di 123 milioni di abitanti. Incrementare la spesa pubblica, assegnando direttamente dei sussidi non pare sia la strada migliore per una economia sostenibile, capace di cogliere al balzo le opportunità immense di questo Paese. Di potenzialità ne aveva anche il Brasile, ma le ha bruciate concentrandosi eccessivamente nel sussidiare le politiche sociali, più che mettere l’accento su proposte produttive. Potrà evitare questo errore López Obrador? Non sarà facile conciliare crescita e inclusione sociale; e in questo sforzo convincere un’imprenditoria convinta delle “bontà” dell’attuale modello capitalista. Sarà forse questo il prossimo banco di prova del presidente.

 

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