Politici e cittadini “separati” in casa

La fotografia dell'Italia ci mostra una spaccatura tra popolazione e classe politica, una più elevata condanna della corruzione e una crisi economica dilagante che ha portato allo sfaldamento del ceto medio, mentre aumentano i ricchi
famiglia povera

Mentre si apriva l'ormai ratificata crisi di Governo, presso il Censis, il Centro studi investimenti sociali, veniva presentato il 46 Rapporto sulla situazione sociale del Paese.

«Istituzioni politiche e soggetti sociali – è stato detto – sono separati in casa. Da un lato, le istituzioni politiche si sono concentrate con rigore sulla fragilità dei conti pubblici e della nostra credibilità finanziaria internazionale, sulla riduzione delle spese, le riforme settoriali, la razionalizzazione dell’apparato pubblico. Dall’altro lato, i soggetti economici e sociali sono rimasti soli con le loro affannose strategie di sopravvivenza, anche scontando sacrifici e restrizioni derivanti dalle politiche di rigore. Questa divaricazione può generare poteri oligarchici, da una parte, e tentazioni di populismo, anche rancoroso, dall’altra».

Per la popolazione la politica è vista «come un costo a cui non corrispondono benefici. E gli scandali giudiziari degli ultimi mesi sembrano aver ormai smascherato una classe dirigente, rea, agli occhi di molti, di aver tutelato soltanto gli interessi personali».

Gli italiani, dunque, sono arrabbiati con la politica. Infatti il «52,3 per cento esprime questo sentimento di fronte alla crisi della politica attuale; un sentimento che supera persino la paura (21,4 per cento) e la voglia di reagire che si ferma invece al 20,1, con il senso di frustrazione (11,8) all'ultimo posto. Eppure non mancano «importanti "segnali di reazione”, ma anche numerosi processi di riposizionamento nel sociale e nell’economia».

Guardando a ciò che è avvenuto – precisa il Censis – si vede in modo chiaro la capacità di sfruttare al massimo «tutte le più nascoste ma solide componenti del modello pluridecennale che ha fatto l’Italia di ieri e anche di oggi»: ciò che resta della cultura contadina del modo di pensare e vivere (nella sobrietà e pazienza); il valore dell’impegno personale (dell’io posso) spesso al confine del protagonismo aziendale e familiare (con la ricerca di tante e diverse soluzioni); «la funzione suppletiva delle famiglie rispetto ai buchi del welfare pubblico, in particolare per i bisogni dei disabili o non autosufficienti; la solidarietà diffusa e l’associazionismo, come anche la socialità ricreativa (feste, manifestazioni popolari, sagre); la valorizzazione del territorio come dimensione strategica di competitività del sistema, fondata non solo sull’intraprendenza della singola impresa, ma anche sulla capacità delle realtà locali di promuovere l’eccellenza dei tanti fattori che le compongono». Non c’è dubbio che tutto ciò può anche essere visto come un ostacolo ai comportamenti razionali innovativi e virtuosi tipici di altri Paesi occidentali, ma sul piano della cultura quotidiana essa è il vero fondamento della dinamica sociale.

Passando alla spesa, i consumi sono crollati al livello di 15 anni fa e la tipica italica tendenza al risparmio si è ridotta dal 12 all’8 per cento. Cambiano anche le abitudini alimentari: «l’83 per cento della popolazione infatti ha riorganizzato la sua spesa optando per offerte speciali e cibi meno costosi, il 65,8 per cento ha ridotto gli spostamenti in auto e moto per risparmiare sulla benzina», in favore della più ecologica, ma soprattutto economica, bicicletta.  

Da registrare anche la trasformazione di parte delle proprie abitazioni in bed & breakfast, un fenomeno che nelle città con più di 250mila abitanti riguarda il 2,5 per cento delle famiglie. Sono invece 2,7 milioni gli italiani che coltivano ortaggi e verdura da consumare ogni giorno, 11 milioni quelli che preparano in casa pane, conserve e gelati.

Nonostante la crisi, la famiglia rimane un punto fermo. Vacilla, tuttavia, la sua consistenza economica: «nel corso degli ultimi dieci anni, infatti, la ricchezza finanziaria netta è passata da 26 mila a 15.600 euro per nucleo familiare, con un calo del 40,5 per cento».

Dati che fotografano lo «smottamento del ceto medio». Le famiglie, invece, con una ricchezza netta superiore a 500 mila euro sono raddoppiate, passando dal 6 al 12,5%. Le difficoltà del ceto medio si riversano anche sui mutui, che nell'ultimo quadriennio sono scesi del 20 per cento e nella parte dell'anno in corso fanno registrare un'ulteriore diminuzione del 44 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011. Oltre l'ormai consolidata crisi del mattone sembra che prevalga la paura di non farcela.

Per quanto riguarda la disoccupazione, il Rapporto Censis ricorda che sono 2.753.000 i job seekers – quelli che cercano lavoro (+34,2 per cento). I più penalizzati sono ovviamente gli under 35: il 20,4 per cento ha perso l’occupazione nel corso del 2011. Eppure, qualcosa si muove: nelle circa 800 start-up (inizio di nuove imprese) del 2011 nel settore delle applicazioni Internet l’età media degli imprenditori è di 32 anni. «Molti inoltre gli investimenti nella cosiddetta tecnologia verde specie nelle energie rinnovabili».

Per quanto riguarda le Università, invece, le immatricolazioni 2007-2011 sono diminuite del 6,3 per cento e anche i dati provvisori 2012 sembrerebbero preannunciare un'ulteriore flessione di circa 3 punti. Forse la laurea non costituisce più, come un tempo, una valido protezione contro la disoccupazione, né garantisce, rispetto ai diplomati, migliori condizioni di occupabilità e/o rimuneratività.

Poi, il malcostume. «Se in tutta l'Europa la corruzione è un grosso problema, per gli italiani è problema all'87 per cento e mentre il 47 per cento degli europei ritiene che negli ultimi tre anni la corruzione sia aumentata, in Italia tale percezione sale al 56». Inoltre, «il 64,1 per cento degli italiani è convinto che aumenteranno i comportamenti scorretti per fare carriera e che cresceranno l'evasione fiscale (58,6), le tangenti negli appalti pubblici (55,1) e la mercificazione del corpo (53,2)».

Per quanto riguarda le tecnologie: «gli unici mezzi di comunicazione che riscuotono un successo crescente – scrive il Censis – sono quelli che integrano le funzioni dei vecchi media nell'ambiente di Internet, come gli smartphone (telefono e web) e i tablet (schermo della tv, lettura di libri e giornali, pc, web)». Cresce anche la diffusione della radio e il numero dei proprietari di telefoni cellulari.

In conclusione, si legge nel Rapporto Censis, «tenere insieme nella nostra dialettica socio-politica le ragioni del rigore istituzionale e la popolare voglia di sopravvivenza sarebbe un significativo passo di crescita della nostra unità nazionale, perché oggi vive nel Paese una serietà collettiva (nelle preoccupazioni come nell’impegno) che era impensabile solo pochi mesi fa e che non va dispersa».

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons