Piccoli chierici vaganti

La scuola pubblica si trova oggi a fronteggiare tagli, riduzione di organico, discredito della propria credibilità e dignità, fuga verso la scuola privata.
Scuola

«Come è andata a scuola?». Domanda un po’ rituale che tutte le mamme del mondo rivolgono ai figli all’uscita da scuola. Di solito ricevendone in risposta sonnacchiosi silenzi e sorrisi di circostanza. «Oggi siamo stati “spacchettati”», si leva la vocina del mio secondogenito seienne, nascosto da uno zaino più grande di lui. Mai far pensare ai figli che non sai assolutamente di cosa stiano parlando. Prendo tempo. “Spacchettati”, dunque, voce del verbo spacchettare. Vaglio tutte le ipotesi: deve essere un nuovo metodo didattico. No. Un programma formativo d’avanguardia. Non sarà mica che pensino già ai regali di Natale? È appena iniziata la Quaresima!

 

Il consorte a sera mi rivela l’arcano. Quando in classe manca l’insegnante, la scuola elementare pubblica può non essere in grado di sostituirla con una supplente – quelle belle e giovani supplenti, profumate di università, che nel giro di pochi minuti venivano divorate dai bambini urlanti –, ma rialloca i bambini nelle varie classi distribuendoli in piccoli gruppi. Risultato: spesso i bambini ascoltano due volte la stessa lezione (repetita iuvant), passano del tempo con maestre che non conoscono (maestra unica, unico riferimento affettivo?), distraggono con il loro arrivo le lezioni delle classi vicine (novelli chierici vaganti).

 

È solo un piccolo indizio, non certamente il più grave, che rivela come la scuola pubblica non goda di buona salute. O meglio. La scuola pubblica si trova oggi a fronteggiare come meglio può, forse già oltre i limiti delle proprie forze, i colpi durissimi che sta ricevendo: tagli, riduzione di organico, discredito della propria credibilità e dignità, fuga verso la scuola privata. Se però pensiamo che la scuola pubblica sia – come già scriveva Piero Calamandrei nel 1950 – «l’organo centrale della democrazia», un bene comune da salvaguardare ad ogni costo, abbiamo di che preoccuparci e di che indignarci.

La scuola non può limitarsi a reggere i colpi che cercano di smantellarla. Suo compito è piuttosto quello di garantire a tutti il diritto all’istruzione, di essere luogo di opportunità, di integrazione, di equità, di libertà di pensiero per tutti. La scuola deve instillare in tutti gli esseri umani la stessa curiosità, la stessa grazia, la stessa sensibilità, valorizzando i diversi talenti, indipendentemente dalla preparazione culturale delle famiglie d’origine. Ogni tentativo di “spacchettare” la scuola pubblica italiana è un colpo inferto a quel patrimonio culturale e civile che ha costituito la spina dorsale dell’Italia unita. Restiamo all’erta, allora.

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