Percorsi di uscita dalla crisi

Il senso di una storia di vent’anni costruiti da persone che rischiano per tutti.
Convention 20 anni di EdC

In pieno tripudio liberista, nel 1991, proporre un modello economico diverso dalla ragione del solo profitto poteva considerasi un’aspirazione nobile di qualche minoranza alla ricerca di improbabili terze vie. Dopo venti anni è diventata una necessità per non dichiarare fallimento, e non dover condurre il mondo verso nuovi conflitti imprevedibili. Non si tratta di scenari apocalittici, ma di analisi comuni tra gli economisti che si rifanno alle analogie di questi anni con le crisi del 1929 o del 1907. Alla radice esiste, si osserva, una carenza di fiducia reciproca, di condivisione e di apertura all’altro. Che poi non è altro che la fraternità, parola ormai sdoganata, alla quale in maniera ostinata si rifanno le imprese dell’Economia di Comunione con il loro carico di storie che non possono essere solo quelle con il lieto fine. Perché così è la vita reale di ciascuno, e non si può barare ma solo mettersi in gioco.

 

Un’impresa che decide di continuare a servirsi dal fornitore che ha avuto un infarto ed è stato abbandonato anche dal proprio consulente amministrativo produce una ricchezza che va oltre ogni misura. E tuttavia non è esente dagli eventi macroeconomici come la guerra del Golfo e forse deve licenziare, ma trova altri strumenti come il contratto di solidarietà con l’accordo dei sindacati. Si riduce lo stipendio anche dei dirigenti per salvare l’occupazione e il reddito delle famiglie. Sono solo due note di una vicenda aziendale concentrata in pochi minuti nella relazione di Franco Caradonna, uno degli imprenditori chiamati a dare la propria testimonianza nella mattinata di sabato 17 settembre nell’aula magna del Polo Lionello.

 

L’inversione di tendenza nasce da questi fatti. Creano valore, ma non sono conteggiabili negli utili intesi in maniera miope. Si può arrivare a risultati contabili migliori con modalità assai diverse e magari donare anche qualcosa. E invece la pazienza di questo movimento di un’Economia di Comunione narrato da Alberto Ferrucci nella relazione iniziale ha la pretesa di arrivare a produrre e condividere gli utili rispettando le leggi, anche quando appaiono difficili da onorare, e andando oltre, con una tensione etica che coinvolge ogni aspetto della gestione.  Complessità e ricchezza messe in gioco nelle storie degli imprenditori che non fanno mistero di manifestare un coinvolgimento emotivo quando parlano della vita delle loro aziende, ed è evidente che non si tratta più dell’entusiasmo iniziale, quello necessario che fa compiere anche degli sbagli.

 

Gli esperti intervenuti, dall’economia politica alla consulenza per le imprese familiari, confermano che è questa la strada giusta, che si tratta di un percorso comprensibile da tutti. L’esatto opposto, osserva Stefano Bartolini dell’università di Siena, a quella ricerca ossessiva del consumo che rende infelici con cui si spiega l’origine della crisi finanziaria scoppiata negli Usa e poi diffusasi, con tutti i suoi corollari, a livello planetario.

 

D’altra parte, è stato ricordato da più voci nell’incontro, che dopo il muro del comunismo totalitario dovesse crollare quello del mercato senza regole era una previsione di Chiara Lubich che, davanti allo spettacolo indecente di grattacieli e favelas, lanciò l’intuizione “semplice” di creare aziende di uomini nuovi capaci di creare una ricchezza da distribuire.

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