Perché le leggi naturali sono matematiche?

Un vero paradosso, perché per sopravvivere nella giungla non sembra indispensabile un ingegno matematico o artistico 
C’è qualcosa di profondamente radicato nella nostra psiche che ci dispone a osservare il creato con stupore e ammirazione. Tutti facilmente riconosciamo che ci sono almeno due livelli di organizzazione sorprendente nel mondo.

 

Il primo livello comprende sia l’ordine della semplicità spaziale (disposizione regolare e simmetrica degli atomi nelle forme e nelle strutture degli oggetti, come per esempio nei cristalli; l’assetto del sistema solare con orbite quasi sferiche dei pianeti intorno a un sole quasi sferico), sia quello della coerenza temporale (regolarità nei processi naturali, nel ticchettio di un orologio, nelle vibrazioni dell’atomo, nell’alternanza del giorno e della notte, nel succedersi delle stagioni e così via).

 

Il secondo livello di organizzazione si riferisce all’ordine della complessità degli organismi viventi. La struttura ingegnosa della cellula e la realizzazione dei molteplici organi del corpo sembrano progettati nel modo più esatto e funzionale (per esempio, l’occhio in relazione alla vista). I sessanta miliardi di cellule che formano il corpo umano adulto sono ciascuna sottilmente specializzata per eseguire una peculiare funzione e per cooperare con le cellule vicine in modo sistematico, cronologico e interconnesso.

 

Un assortimento del tutto casuale di atomi e di molecole non potrebbe mai “conseguire il miracolo della vita”. Certo sono possibili errori e malformazioni genetiche. Tuttavia, “considerando la complessità intrinseca di ogni essere vivente e la molteplicità dei meccanismi che concorrono a formarlo, ci si dovrebbe in verità stupire di quanto rari siano gli eventi negativi…ma si sa che alle cose che vanno bene nessuno fa caso e vengono anzi accolte come dovute, l’imperfezione o il fallimento fanno invece notizia”(Boncinelli).

 

Ora ciò che eccita l’ammirazione spontanea anche degli scienziati più freddi e agnostici nello sperimentare il “genio e la forza della natura” deriva dalla verifica quotidiana che l’ordine spazio-temporale e quello della complessità dei viventi si fondano su un ulteriore e più profondo ordine al quale si conforma l’immensità di quanto esiste: l’ordine soggiacente delle leggi universali.

 

Il segreto matematico delle leggi naturali 

Gli stessi scienziati, dunque, pur sperimentandole come “universali”, “assolute”, “eterne”, “onnipotenti” e “onniscienti” (proprietà tipiche della divinità), preferiscono però non riflettere sull’identità e sull’origine delle leggi del mondo fisico e biologico, bensì si limitano ad accettarle come “naturali”, dandole cioè per scontate e non bisognose di ulteriore spiegazione.  

 

Ma le recenti scoperte sull’organizzazione unitaria e coerente delle strutture più intime dell’universo e della vita richiedono una spiegazione “meno scontata”, e hanno riproposto interrogativi antichi: perché le leggi naturali rivelano una forma matematica? Avrebbero potuto essere diverse? Da dove vengono? Le leggi che governano l’universo perdurano indipendentemente dal mondo fisico? E, soprattutto, la domanda: le leggi universali esistono al di fuori della nostra mente, oppure sono un’invenzione comoda e strumentale dei ricercatori?

 

Riguardo al primo quesito tutti gli scienziati non solo partono dalla convinzione che “l’ordine di base della natura sia esprimibile in forma matematica”, ma riconoscono anche che quell’ordine matematico “sta al cuore stesso della scienza” e “nessun fisico crederebbe che i suoi oggetti di studio”, insomma la scienza, “fossero un’invenzione artificiale della mente” (Davies).

 

Tale esperienza risulta così evidente ed efficace che un certo argomento scientifico non appare ben compreso finché non lo si può formulare con il linguaggio universale della matematica. E “l’ordine matematico emerge quando si analizza un sistema fisico”. Per questo la scienza “funziona” e ha successo, come le incessanti applicazioni tecnologiche confermano. Perché, poi,  ci sia di fatto un simile ordine matematico segreto alla radice di tutte le cose, e da dove venga, resta uno dei più grandi enigmi, soprattutto per la scienza, i cui risultati sperimentali non sarebbero possibili né coerenti senza quell’ordine oggettivo.

 

A questo punto le implicazioni metafisiche e religiose di tale segreto matematico si rendono inevitabili. Tanto che per l’astronomo James Jeans “Dio è un matematico”. Mentre chi nega qualsiasi riferimento religioso sostiene che le leggi matematiche della natura sarebbero una “invenzione”, una proiezione e un capriccio della nostra mente, senza corrispondenza reale nel mondo fisico.

 

Eppure che le leggi fisiche espresse in forma matematica siano reali ed esistano davvero “là fuori”, indipendentemente dalla nostra volontà, rappresenta il presupposto essenziale per la nascita e il funzionamento della stessa scienza e della tecnologia, che sono sotto gli occhi di tutti. Certo la formulazione delle leggi naturali contenuta nei testi scientifici costituisce una “rielaborazione” della mente umana, un adattamento (modello) “approssimativo”, ma che riflette regolarità effettivamente presenti nella natura e che nella loro causa profonda e nella loro vera forma non dipendono da noi.

 

Per questo una teoria scientifica risulta sempre “perfettibile” e mai “definitiva”, proprio perché “deve” accostarsi a una verità oggettiva di ricchezza illimitata e inimmaginabile (vedi il recente esperimento del Cern di Ginevra sui neutrini che supererebbero la velocità della luce, mettendo in dubbio la teoria della relatività di Einstein, base dell’attuale visione “scientifica” dell’universo).

 

Per noi che viviamo nell’epoca dell’informatica, non è difficile intuire che ogni codice implica un “codificatore” e che ogni programma diventa portatore di un “messaggio”, inviato a un destinatario da un “mittente”. Le leggi naturali (codice cosmico) e quelle della vita (codice genetico) costituiscono effettivamente un messaggio altamente creativo. Tale messaggio indica una portata universale. Il “codificatore” originario, pertanto, non può che rientrare in una dimensione universale, di grande importanza per ogni creatura e per le nostre stesse vite.

 

Una misteriosa corrispondenza 

L’aspetto più misterioso dell’universo, infatti, come osservava lo stesso Einstein, è “la sua comprensibilità”. Che l’impresa scientifica funzioni, rimane un fatto stupefacente, di fronte al quale “spesso siamo ciechi”. La complessità matematica del codice cosmico (Logos) sembra “quasi sintonizzata sulle capacità umane” (con buona pace dei matematici “impertinenti”).

 

Le scoperte richiedono un duro impegno, ma sono alla portata delle migliori menti. Inoltre, tali conoscenze vanno ben al di là della pura sopravvivenza biologica. Quale “vantaggio” svolgerebbe per la pura sopravvivenza biologica l’intera impresa scientifica, la scoperta delle leggi della gravità universale, dell’elettromagnetismo e dell’ordine segreto che si trova nelle inafferrabili particelle subatomiche, come il bosone scalare di Higgs o “particella di Dio”?

 

Un vero paradosso, dal momento che per sopravvivere nella giungla non sembra indispensabile un ingegno matematico o artistico. Tali facoltà cognitive superiori vanno ben oltre la pura sopravvivenza biologica. Non si può pretendere una prova scientifica dell’origine divina delle leggi naturali, perché il metodo della scienza rimane valido solo per le dimensioni misurabili e percepibili dai sensi.  

 

Questo però non esclude che anche nella scienza si possano trovare segni analogici, indizi e motivi ragionevoli per giustificare una fede sincera e profonda nel Creatore. La stessa scienza, infatti, quanto più diventa profonda, tanto più sembra sfiorare e quasi toccare l’opera di Dio.  

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