Padre Ezechiele, martire della carità

Per il suo impegno a fianco dei contadini, la Chiesa amazzonica l’ha proposto come patrono del Sinodo sull’Amazzonia

«Abbiate il sogno bello di rendere felice tutta l’umanità», diceva ai giovani p. Ezechiele Ramin, missionario comboniano ucciso all’età di 32 anni in Amazzonia – al confine tra gli stati di Rondonia e Mato Grosso – per il suo impegno a fianco dei contadini poveri. Gioioso, entusiasta in tutte le cose che faceva, sensibile alla voce dei poveri. Un “martire della carità”: così lo ha definito San Giovanni Paolo II pochi giorni dopo la morte. La chiesa brasiliana lo ha proposto come “patrono” del Sinodo sull’Amazzonia, con l’auspicio che la sua testimonianza possa essere di esempio per nuovi cammini della Chiesa e per una nuova ecologia in tutta la regione dell’Amazzonia.

Ezechiele Ramin nasce a Padova nel 1953. Nel periodo degli studi prende coscienza della povertà in cui vive una gran parte dell’umanità. Il problema del Terzo Mondo, di tutte le persone che non conoscono il Vangelo lo interpella fortemente. Da ragazzo organizza, a Padova, il gruppo locale di “Mani Tese” e porta a termine alcuni campi di lavoro per sostenere dei microprogetti. Nel 1972 decide di entrare tra i missionari comboniani. «La vocazione di mio fratello – commenta il dottor Paolo, il più grande dei 6 fratelli – è nata dal cuore di nostra mamma», sempre attenta all’educazione religiosa dei figli.

La scelta dei poveri, la consapevolezza della fedeltà di Dio nelle prove della vita, il bisogno della continua conversione del cuore, la devozione a Maria, regina degli Apostoli, sono i tratti che caratterizzano P. Ezechiele. «La gente ha sempre bisogno di chi vuol fare del bene – scriverà in una delle sue lettere -. Oggi ci sono molti esclusi, molti emarginati, molti dimenticati. Dimenticati negli ospedali, nelle carceri, emarginati negli ospizi, nei riformatori, nelle baracche, esclusi dalla vita umana. Come si può restare indifferenti a questo dolore dell’uomo? Non sono un’idealista; utopia non è amare questa gente, utopia è non amare l’uomo così com’è!».

È forte in lui il desiderio di partire per le terre di missione: «La vita è bella – dice – e sono contento di donarla». Dopo l’ordinazione, si ferma in Italia alcuni anni prima di raggiungere il Brasile, assegnato a Cacoal in Rondonia. Conosceva l’inglese, lo spagnolo e il francese, ma chiede di essere mandato in Brasile dove si parla il portoghese. Nel gennaio 1984 padre Ezechiele arriva a Brasilia dove rimane per sei mesi per studiare il portoghese. Approfitta della circostanza per conoscere le zone interne del Paese, la popolazione, ma soprattutto i suoi bisogni e si accorge dei molti problemi derivanti dall’ingiustizia sociale, che soprattutto i contadini devono subire.

Ezechiele prende particolarmente a cuore la causa degli indios e dei contadini senza terra. Si guadagna la fiducia dei capi indios che spesso vanno ad esporgli i loro problemi. Sabene di mettere a rischio la vita denunciando l’ingiustizia perché “non si può non difendere i poveri e salvarsi”, ma non vuole tradire la sua vocazione. Nell’ultima omelia afferma: «Amo molto tutti voi e amo la giustizia. Non approviamo la violenza, malgrado riceviamo violenza. Il padre che vi sta parlando ha ricevuto minacce di morte. Caro fratello, se la mia vita ti appartiene, ti apparterrà pure la mia morte».

Il 24 luglio 1985 Padre Ramin insieme ad Adilio, un sindacalista locale, partecipa a un incontro nella Fazenda Catuva ad Aripuaña nel Mato Grosso per cercare di persuadere i piccoli agricoltori che lavorano lì a non prendere le armi contro i latifondisti. Padre Ezechiele e Adilio riescono a convincerli impedendo una strage. I proprietari, tuttavia, si rendono conto che quel giovane prete sapeva farsi obbedire dai contadini e che sarebbe potuto essere, per loro, un pericolo. Inviano, quindi, sicari armati che incontrano P. Ezechiele sulla strada del ritorno e lo uccidono a colpi di pistola.

La famiglia Ramin accoglie la notizia dando prova di una fede che si fa perdono dei “nemici”. Durante il funerale, al momento della preghiera dei fedeli, il fratello Paolo dice: «Nel dolore di questa morte, i miei genitori e fratelli, ti pregano di usare misericordia verso gli uccisori. Tu ci hai insegnato l’amore e il perdono. Sì, Padre Santo, noi non portiamo rancore per gli uccisori. Noi perdoniamo. Tu toccali con la tua grazia. Fa’ che la morte di Ezechiele, pastore del tuo gregge, porti frutti beneficando i suoi ‘campesinos’, in modo che essi possano raggiungere una vera dignità di uomini, in un ordine sociale ben più equo e giusto».

Nel marzo 2016 inizia la fase diocesana della «Causa di beatificazione o Dichiarazione di martirio» che si chiude il 25 marzo 2017 a Padova, città natale di padre Ramin dove riposano le sue spoglie.

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