Opacità nella gestione dei rifiuti in Sicilia

Il quadro preoccuapnte che emerge dalle inchieste in corso e dai lavori della commissione regionale antimafia presieduta da Claudio Fava
ANSA/Ignazio Marchese

«La sensazione è che l’impianto palermitano di Bellolampo, principale struttura pubblica esistente in Sicilia, dia fastidio».

Questa la prima dichiarazione di Claudio Fava dopo l’audizione del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che, in commissione regionale antimafia ha dichiarato il danno procurato alla Sicilia da un sistema di monopolio privato sul ciclo dei rifiuti e dai ritardi nella realizzazione degli impianti pubblici.

Il sindaco di Palermo chiede, insieme alle denunce presentate dall’ ANCI e dalla RAP, che sia fatta luce sulle responsabilità di un sistema regionale che si è costituito attorno al ruolo dei privati. A partire dal Governo Cuffaro, poi Lombardo per continuare in quello di Crocetta, la politica regionale ha solo messo in atto provvedimenti di emergenza o commissariali, in cui, come accade spesso nelle emergenze e quindi in deroga alle leggi vigenti, gli unici beneficiari sono sempre i soliti “padroni del vapore”, così Orlando descrive la situazione della gestione dei rifiuti in Sicilia.

Il sistema, che mette i rifiuti sottoterra senza nessuna alternativa e con una differenziata al 12%, costa a ogni siciliano, neonati compresi, 200 euro a testa, a fronte dei 190 euro del Lazio e dei 111 euro della Lombardia. Dal 2002 a oggi il sistema ha bruciato complessivamente 15 miliardi di euro senza realizzare un solo impianto alternativo alle vecchie e care discariche.

Nel 2002, il Governo Cuffaro avvia gli Ambiti ottimali per la gestione del servizio. Se  ne creano 27, comprensivi di cda ed assunzioni, arrivando ad una quota di 13 mila unità, trasformando così gli ATO in “strumento in mano alla politica per il controllo del consenso”, così come scrive la commissione antimafia.

Inoltre, il governo Cuffaro fa un’altra scelta: quella di realizzare quattro mega inceneritori che da soli avrebbero bruciato tutti i rifiuti dell’Isola, e non solo, senza aumentare la differenziata. Le gare si bloccano per errori nella pubblicazione del bando e con un cartello d’imprese che si era spartito l’affare. Il tutto con l’ombra della mafia. Scrive la commissione: «La vicenda degli inceneritori è emblematica per la capacità delle organizzazioni di stampo mafioso di avere contezza degli affari attraverso un’area di contiguità estremamente estesa che riguarda interi settori delle professioni, della politica e delle amministrazioni»

Così prosegue il governo Crocetta, dove si procede con «nomine in posti cruciali della macchina amministrativa fatte senza tenere in alcun conto le competenze e le professionalità», ed autorizza il conferimento nelle discariche per milioni di metri cubi con fatturati stimati pari a circa 700 milioni di euro. In particolare, le principali discariche che vengono incrementate sono quella pubblica di Bellolampo, e poi le private di Messina gestita dalla Tirrenoambiente, di Motta Sant’Anastasia gestita dalla famiglia Proto, di Grotte San Giorgio della famiglia Leonardi e di Siculiana del gruppo Catanzaro.

Nel frattempo, la procura di Messina e quella di Palermo aprono una mega indagine per presunte mazzette pagate a un funzionario regionale e agli arresti finiscono gli amministratori della Oikos della famiglia Proto e di Tirreno ambiente.

Sempre in quegli anni la procura di Messina, coordinata da Lo Forte, aveva concluso un’indagine su un traffico di rifiuti provenienti dagli impianti campani di Tufino e Giugliano e smaltiti nella discarica di Mazzarrà Sant’Andrea. Un traffico di rifiuti che sarebbe stato gestito «abusivamente per ingenti quantitativi pari a 15 mila tonnellate di rifiuti urbani indifferenziati», si legge nella richiesta di rinvio a giudizio per gli amministratori di alcune società di trasporto di Napoli e degli ex gestori del sito.

Nel 2014 dichiara l’ex comandante regionale dei carabinieri Giuseppe Governale che, dal 2014 in poi, «ad Agrigento abbiamo sequestrato impianti di depurazione di alcune imprese casearie che sversavano illegalmente sul territorio, a Licata abbiamo sequestrato 10 mila metri quadrati di terreno destinato a rifiuti pericolosi, a Ragusa la Dda di Catania ha svolto una complessa indagine su ingerenze della criminalità organizzata nelle imprese che gestiscono lo smaltimento della plastica dismessa delle serre di Vittoria e Santa Croce Camerina: l’esito ha permesso di accertare la responsabilità di un esponente legato al boss gelese Carmelo Dominante»

IL sistema degli appalti dei rifiuti nell’Isola è un sistema impazzito, nel quale è impossibile fare le verifiche sulle singole società a causa di un proliferare di piccole ditte che ricevono appalti a cinque zeri e a loro interno hanno una miriade di soci. La norma sui rifiuti prevede la possibilità, con il cosiddetto «191», di derogare alle leggi ordinarie sugli appalti in caso di rischio di emergenza sanitaria. Ma il ricorso a questi affidamenti speciali deve avere una durata molto limitata. Invece nell’Isola diversi Comuni, dal 2014 a oggi, hanno continuano a rinnovare questi contratti oppure ad utilizzare sempre le procedure di emergenza.

Attendiamo quindi, così come dichiarato da Claudio Fava, presidente della commissione antimafia dell’Ars il risultato dell’indagine avviata sui rifiuti in Sicilia

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