Omeopatia il tormentone continua

Il placebo, futuro dal latino placere, è una preparazione farmaceutica a base di sostanza farmacologicamente inerte che è somministrata soprattutto per gli effetti psicologici che può avere sul paziente, oppure per eseguire confronti con medicamenti efficaci negli esperimenti clinici. In proposito studiosi dell’Università di Berna e di Bristol hanno esaminato 110 ricerche compiute nel mondo, concludendo che le cure omeopatiche hanno lo stesso effetto del placebo. Per le stesse malattie prese in esame, le medicine convenzionali dimostrano, per contro, tutta la loro efficacia. Certamente, precisa il prof. Egger di Berna, non mancano coloro che dopo cure omeopatiche si sentono meglio, ma il merito va al medico omeopata che dedica molto tempo ed attenzione al paziente, non al contenuto della pillola omeopatica. Immediate le reazioni della società italiana d’omeopatia, secondo la quale la medicina convenzionale funziona solo nel 40 per cento dei pazienti; in un ulteriore 20 per cento funzionerebbe, ma gli effetti collaterali patiti sono tali da costringere l’interruzione della cura; nel 30 per cento poi non funziona per niente, producendo peraltro effetti collaterali; e nel restante 10 per cento non dà luogo ad effetti terapeutici. Il fatto che oltre 300 milioni di persone ricorrono all’omeopatia sotto la guida di 150 mila medici rappresenterebbe in qualche modo la validità di questo tipo di cura. Felice della stroncatura subita dall’omeopatia si dichiara il prof. Cantelli Forti, presidente della società italiana di tossicologia. Secondo lui l’omeopatia è ormai un business milionario che sfrutta lo scontento derivante dal consumismo dei farmaci ortodossi. Anche se i dati contro l’omeopatia sono stati pubblicati dalla prestigiosa rivista Lancet, non possiamo non sospettare che sia in corso una battaglia tra gli interessi delle case farmaceutiche convenzionali e di quelle omeopatiche. Sono recenti le pubblicazioni che dimostrano come i ricercatori nel settore della sperimentazione farmacologia siano facilmente condizionabili. Allora come stanno effettivamente le cose? Personalmente siamo convinti che l’omeopatia è una cura dolce, può funzionare cioè per malattie minori. I tumori, le cardiopatie, l’ipertensione, l’arteriosclerosi, il diabete, il Parkinson, la sclerosi multipla, l’Aids, la tubercolosi, la malaria, malattie gravi che incidono e rendono invalidi i pazienti, pesano enormemente sull’economia mondiale, sono processi morbosi nei confronti dei quali nulla può fare l’omeopatia. Ma quest’ultima un seme di verità lo contiene: il paziente va ascoltato, seguito nella sua interezza, come persona, nella sua dignità, prima ancora che come malato. Cosa che la medicina ortodossa, pur nei suoi grandi meriti per i risultati raggiunti nel campo della diagnostica e delle terapie chirurgiche e farmacologiche, fa sempre meno. Bisogna allora che la medicina convenzionale, ipertecnologica, abbia l’umiltà di avvicinarsi al malato con un atteggiamento meno meccanicistico e più umano.

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