Norberto Bobbio, filosofo della democrazia

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Le verità seminate attraverso il dubbio. Potremmo definire così, in poche parole, l’azione che Norberto Bobbio, scomparso a Torino lo scorso gennaio, ha esercitato sulla cultura politica italiana. Il compito degli uomini di cultura – così inizia Politica e cultura, la raccolta di saggi pubblicata nel 1955 – è più che mai oggi quello di seminare dubbi, non già di raccogliere certezze. Un dubbio non da scettico, ma da difensore attento di un nucleo di valori che considerava irrinunciabili per la dignità delle persone e per la sopravvivenza della democrazia. Mettere insieme libertà ed uguaglianza: questa, per lui, è la grande scommessa che un regime democratico deve affrontare, e che spiega la formula della sua posizione culturale e politica: il liberalsocialismo. Per tutta la vita ha meditato e operato in favore dell’incontro di due grandi tradizioni, la liberale e la socialista, in una società democratica nella quale i diritti sociali fossero la garanzia e il presupposto per la libertà concreta. Verità, peraltro, spesso scomode, perché legate a princìpi che Bobbio si sforzava di mettere a nudo nei loro reali contenuti, scontrandosi sistematicamente con le interpretazioni ideologiche che, anziché cogliere la verità dei princìpi, cercavano di piegarla ad un interesse di parte. Ciò che ha caratterizzato sempre i suoi interventi è stata infatti la capacità di connettere gli autori classici con l’esigenza del tempo presente, di farli parlare oggi. Da questo punto di vista fu famosa, e dirompente nell’ambito della sinistra, la sua posizione contraria all’aborto. All’inizio del dibattito intorno alla legge 194, non mancarono le voci, anche all’interno del Partito comunista, che si pronunciarono contro l’aborto; voci messe a tacere dalla ragion politica non appena il partito percepì che nel paese esisteva una maggioranza tendenzialmente favorevole all’aborto, o comunque disposta a farsi spostare su tale posizione. Bobbio invece non tacque. E in una celebre intervista data alla vigilia del referendum sull’aborto, l’8 maggio 1981, a Giulio Nascimbeni per il Corriere della Sera, ragionò secondo il suo stile, chiamando in causa un classico del pensiero politico, il saggio Sulla libertà (1859) di John Stuart Mill: Dice ancora Stuart Mill: Su sé stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l’individuo è sovrano. Adesso le femministe dicono: Il corpo è mio e lo gestisco io. Sembrerebbe una perfetta applicazione di questo principio. Io, invece, dico che è aberrante farvi rientrare l’aborto. L’individuo è uno, singolo. Nel caso dell’aborto c’è un altro nel corpo della donna. Il suicida dispone della sua singola vita. Con l’aborto si dispone di una vita altrui. Parole pesanti come pietre; non perché siano insulti, ma perché sono vere. E continuava, Bobbio, quasi in una sfida al mondo cui apparteneva: Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il non uccidere. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere. Gli attacchi contro Bobbio, in quell’occasione, non mancarono; agli occhi di molti divenne, improvvisamente, di destra, come può accadere anche oggi a chi conserva – in un periodo di diffusa e pervicacemente perseguita inconsistenza culturale – una visione chiara dei princìpi e della coerenza culturale. Anche per questo Bobbio è un maestro: per il valore paradigmatico di alcuni suoi interventi e delle conseguenze che gli derivarono. Bobbio in tal modo ha insegnato, anche, che chi veramente sa, spesso tace: contro la stupidità non esistono ragioni. Non si deve sprecare il tempo in polemiche, ma usarlo per capire. Bobbio si impegnò in molte battaglie; la prima, quella contro il fascismo, che condusse all’interno del Partito d’Azione. E molte altre, condotte sul piano della cultura e che, come si sa, lasciano anch’esse ferite vere. Una di esse, quella che forse ha avuto il maggiore peso politico, fu combattuta per liberare la sinistra dalle cecità ottocentesche che la lasciavano politicamente debole, perché priva di una vera teoria della democrazia. Si impegnò, poi, per l’acquisizione di una vera coscienza europea e, a lungo, in favore della pace. Ma, anche qui, provocando scandalo, perché non fu un pacifista: come quando si disse a favore della guerra contro l’Iraq del 1991; per lui, evidentemente, esistono guerre che devono essere combattute. Ma il Bobbio che mi trovo continuamente fra le mani, quello che serve nel ragionamento quotidiano, è il Bobbio della critica anti-ideologica, che percorre tutte le sue opere di filosofia politica e che trova il suo culmine, mi sembra, nell’analisi delle promesse non mantenute della democrazia, nell’elenco spietato dei suoi problemi di oggi. In particolare, la denuncia della persistenza di poteri invisibili, siano essi le strutture burocratiche impermeabili alle procedure democratiche, o i gruppi forti e organizzati che si fanno protagonisti di iniziativa politica, o il sistema di condizionamento dei mezzi di comunicazione che sostituisce la partecipazione attiva dei cittadini. E tutto questo non per sfiducia nella democrazia, ma per la volontà ferrea di vedere raggiunti i suoi obiettivi.

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