Nigeria: la crisi coinvolge anche il mito Dangote

La crisi economica nigeriana, aggravata dalla pandemia di Covid 19 e dal calo del prezzo del petrolio, ha radici profonde. È arrivata però anche a mettere in temporanea difficoltà una delle più affermate holding industriali del Paese, quella che fa capo al miliardario Aliko Dangote, quasi una leggenda nel mondo dell’imprenditoria africana.
Aliko Dangote

Le società del miliardario nigeriano Aliko Dangote (63 anni, di famiglia musulmana) hanno perso 900 milioni di dollari in 24 ore. La sua principale azienda, Dangote Cement plc, ha subìto venerdì 8 gennaio una brusca caduta alla Borsa nigeriana. Il valore delle azioni di quella che è la più grande società quotata del Paese e il più grande produttore di cemento dell’Africa, è sceso dell’8,13%. Questo, nonostante il recente annuncio della compagnia di un programma di espansione in tutta l’Africa, tanto più promettente in quanto coincide con l’entrata in vigore, il 1° gennaio 2021, dell’African Continental Free Trade Area (Afcfta, o Zleca), il Trattato di libero commercio che regola l’apertura delle frontiere e la creazione di un’area di libero scambio tra 54 Paesi africani.

Secondo l’agenzia Bloomberg, il crollo è dovuto soprattutto alla svalutazione della moneta nigeriana, la naira, dato che Dangote da sempre investe molto in Nigeria, per dare lavoro a molti suoi connazionali. Comunque non si tratta di un fallimento, ma soltanto di un ridimensionamento: Aliko Dangote è da anni l’uomo più ricco dell’Africa e il suo patrimonio è sceso a 17,5 miliardi di dollari (da 18,4 miliardi) facendo di lui il 114° uomo più ricco del mondo, invece del 106°.

Il problema, quindi, riguarda soprattutto l’economia della Nigeria, che nel 2020 ha subito una pesante recessione. La pandemia di Covid 19 è stata la classica goccia che si è inserita nel grave problema della caduta del prezzo del petrolio, della svalutazione della moneta e nella crescita dell’inflazione (circa 12,6% su base annua). La gravità è notevole se si pensa che più della metà delle entrate dello Stato nigeriano provengono dalle concessioni minerarie e dalle tasse sul petrolio.

Aliko Dangote non è stato, a quanto pare, colto di sorpresa dalle difficoltà dell’economia nigeriana. Così diceva lui stesso in un’intervista apparsa il 1° novembre 2020 su jeuneafrique.com facendo riferimento alla storia recente della Nigeria, che ha ceduto all’idea di guadagni facili con il petrolio, rinunciando al suo primato precedente basato sull’agricoltura e su una promettente industria di trasformazione delle materie prime. «Con l’aumento dei prezzi del petrolio e l’aumento della domanda – affermava Dangote meno di 3 mesi fa –, l’estrazione e l’esportazione di petrolio greggio è diventata la nostra attività economica dominante. Il Paese ha trovato più facile guadagnare in valuta estera dalle vendite di petrolio greggio. Ciò ha creato distorsioni poiché l’agricoltura e le industrie hanno ricevuto meno attenzione. La strategia di sostituzione delle importazioni è stata interrotta dall’abbondanza di petrodollari, che sono stati utilizzati per finanziare l’importazione di vari beni e servizi. È stato quindi il boom del settore petrolifero a causare l’abbandono dei progressi compiuti nei settori agricolo e industriale».

«La maggior parte della fortuna di Dangote proviene dalla sua partecipazione dell’86% alla Dangote Cement plc, quotata in borsa. Possiede le azioni della società direttamente e tramite il gruppo delle Dangote Industries»”, afferma l’agenzia Bloomberg, che prosegue precisando che nel quadro delle attività industriali di Dangote «la risorsa più preziosa è comunque un impianto di lavorazione di fertilizzanti con una capacità di produzione di 2,8 milioni di tonnellate l’anno di urea». E, sempre in Nigeria, Dangote ha investito 12 miliardi di dollari in una raffineria di petrolio che è ancora in costruzione, quindi non è inclusa nella valutazione dei suoi proventi. Pertanto, conclude l’agenzia Bloomberg, Aliko Dangote resta l’unico nigeriano nella top500 delle persone più ricche del mondo.

E pensare che il gruppo ha iniziato negli anni ’70 come piccola società commerciale. Oggi è una holding che opera in Benin, Ghana, Zambia e Togo, oltre che in Nigeria, e si occupa non solo di cemento, fertilizzanti e trasporti, ma anche molto di agricoltura e prodotti alimentari, in particolare della produzione di zucchero e birra, e fornisce di materie prime i produttori di bevande analcoliche, panifici e pasticcerie.

 

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