Nell’officina del fabbro

Si scusa Giuanin (Giovanni) Costamagna, per avere ancora le mani un po’ sporche di lubrificante. Sa, il grasso non va via così facilmente. Ma i suoi occhi brillano di sincera soddisfazione, per aver la possibilità di conoscere una giornalista che scrive sul mio giornale. Me lo presenta un comune amico, Livio Bertola, titolare dell’omonima azienda di Marene, nel cuneese. Quando si presenta l’occasione, l’incontro con i lettori diventa sempre per me possibilità preziosa di scambio, di confronto. Ben presto la conversazione passa dal lei al tu. Giuanin inizia a parlare di sé, come tra vecchie conoscenze. Tra le righe di ciò che va raccontando, in assoluta franchezza, si avverte un inaspettato travaglio interiore che l’ha accompagnato sin da ragazzo. Quel turbamento, quella scontentezza che lo portava però a scavare dentro di sé, a non lasciarsi abbattere dalle difficoltà. Allora non capivo, mi arrabattavo. Ricordando però quel periodo, ora che gli anni sono trascorsi, ho preso coscienza di aver avuto sempre un aiuto, un sostegno per andare avanti. Magari ero costretto a fermarmi per un piccolo incidente sul lavoro, che però mi dava il tempo di riflettere e di rimettermi in carreggiata con le idee più chiare. Insomma, ora mi rendo conto che fin dalla più tenera età mi è stato teso un filo d’oro, che mi ha sostenuto e portato avanti negli anni, fino ad oggi. Nel racconto di Giovanni, ricorre spesso il nome di sua moglie Anna, e dei loro due figli Stefania e Marco. Ed anche quando non ne parla espressamente, si avverte salda la loro presenza nella sua vita. La mia fortuna più grande – riconosce – è quella di aver trovato una moglie che nei momenti di difficoltà mi ha sempre sostenuto, facendomi crescere gradualmente. Giuanin, finite le scuole professionali presso i salesiani, iniziò a lavorare giovanissimo, a 16 anni o poco più. Sai, impara l’arte e mettila da parte, mi diceva mio padre, che infatti, conclusa la scuola, mi mandò subito a fare il garzone in una cascina, dove sperimentai quanto è dura la vita in campagna, dalla mungitura delle bestie alla raccolta del fieno. Finita l’estate, il ragazzo trovò lavoro come operaio. Alla fine del mese, fui retribuito con 40 mila lire. Mio padre mi disse che era troppo poco per aver lavorato tutti i giorni per nove ore di seguito. Mi misi ancora alla ricerca, e fui assunto come meccanico nella grande ditta Michelin della frazione Ronchi di Cuneo. Lo stipendio era di 90 mila lire mensili. Per me già un balzo in avanti. Un anno dopo, gli fecero fare un corso di pneumatica per l’installazione degli impianti di tubi. Passarono gli anni, e divenuto piuttosto esperto nel suo lavoro, convinto da un amico decise di mettersi in società con lui. Prestarono il loro lavoro di manodopera presso vari stabilimenti. Nel 1993 fui assunto presso una ditta di Caramagna Piemonte, dove facevano montaggi di carpenteria. Lavorai lì per quattro anni, portando questa volta con me mio figlio Marco, che in quel periodo era ancora un apprendista. E, infine, passai alla Bertola di Marene. Ma col nuovo datore di lavoro, iniziò per me un’altra storia, un’altra stagione della mia vita. Nel suo itinerario di ricerca, che lo vide impegnato fino all’età matura, Giovanni considera infatti l’incontro con Livio Bertola come un traguardo importante. Mi ero recato da lui per motivi di lavoro, e tra noi si stabilì subito un rapporto di amicizia molto sereno e sincero. In seguito, Livio mi invitò a partecipare a un incontro di amici un po’ speciale. Mi disse che in questo gruppo si cercava di vivere in un clima di famiglia, e chiunque poteva parteciparvi. L’unica cosa richiesta era provare a voler bene ad ogni persona che si incontrava, senza interessi di nessun genere. Mi parve strano che al mondo potessero esistere persone simili. Ma conoscevo Livio per una persona perbene, un cristiano sul serio, anche se non bigotto. Ci andai. E da allora non li ho più lasciati: è quasi un anno che frequento questo gruppo, detto Amici di Marene… e dintorni, nato ed ancor oggi collegato con il Movimento dei focolari. Da allora, Giuanin il fabbro si esercita in un’arte che per me è stata la più grande scoperta della mia vita: provare ad andare sempre incontro agli altri per primo, senza aspettarmi niente in cambio. Ma ciò che cambia è la vita, prosegue Giuanin, la vita di ogni giorno. Da allora sono diverso, contento di quello che faccio, e con rapporti positivi con gli altri. Non l’avevo mai sperimentato prima – dice – ed ora che mi sembra di averne capito meglio il segreto, provo a metterla in pratica nella vita di ogni giorno. E non gli mancano certo le occasioni. Tempo fa – ricorda – stavo percorrendo la statale tra Bra e Fossano, quando mi accorsi che davanti a me, sulla vettura che mi precedeva, stava cadendo un pezzo di legno legato sul bagagliaio. Decisi di sorpassare subito la vettura e feci cenno al conducente di fermarsi. Nell’auto c’erano due persone anziane. Feci notare loro il pericolo che stavano correndo. Mi ringraziarono, ma si accorsero di non avere con sé altre corde da legare. Prontamente presi le due cinghie che tengo sempre in macchina, e sistemai per bene quel carico pericolante. I due signori mi ringraziarono calorosamente, dicendomi che purtroppo venivano da molto lontano, e non sapevano come fare per restituirmi le cinghie. Risposi loro che non dovevano preoccuparsi. Anch’io li salutai, forse più felice ancora, sperimentando ancora una volta che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Gli ritorna in mente, ancora, un vecchio amico pescatore, che da tempo non vedeva perché gravemente ammalato. Non osavo andarlo a trovare, poiché – dice – mi sembrava che la moglie si fosse chiusa in questo grande dolore e non avesse piacere di vedere nessuno. Pensando però che, se mi fossi trovato al suo posto, sarei stato contento che qualcuno si ricordasse di me, presi coraggio e andai a casa sua. Ciao, Stefano, ti ricordi ancora di me?. A questo mio saluto affettuoso lui si commosse, e naturalmente anch’io provai una grande emozione. Sua moglie poi rimase stupita e contenta, perché diceva che ormai suo marito da tempo non riconosceva più le persone. Sono solo alcune delle belle esperienze che gli capita di vivere. Impossibile solo ricordarle tutte. Giorni fa, sono stato con mia moglie a Cuneo, alla fiera della castagna. Mentre passeggiavamo tra le bancarelle ben fornite, abbiamo avuto modo di parlare con due giovani. Li ho salutati semplicemente con un sorriso, e ciò ha inaspettatamente attirato la loro stupita attenzione. Ci hanno parlato dei loro problemi e difficoltà, come se ci fossimo conosciuti da sempre. Io ho potuto dire loro che ciascuno di noi è un dono per l’altro. Insomma, non finirebbe più di raccontare. Ultimamente, sento che la mia vita è veramente cambiata in meglio. Spesso mi ripeto: Sono Giovanni, faccio sempre il fabbro, ma… ho scoperto un’arte, un segreto, che rende felice me ed anche coloro che incontro.

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