Nella Macedonia del Nord per la concordia

In uno dei Paesi che più assomiglia a un puzzle di nazionalità e confessioni religiose, papa Francesco invita la popolazione e le istituzioni a cercare la via della pace e della solidarietà. Senza perdere la capacità di sognare.

Di fronte a un’assemblea di rappresentanti politici e istituzionali locali, Bergoglio ha elogiato il «patrimonio più prezioso e valido» di questo piccolo Paese di 2,1 milioni di abitanti: «La composizione multietnica e multi-religiosa, frutto di una storia ricca e, perché no, anche complessa di relazioni intrecciate nel corso dei secoli». Come la Bulgaria, precedente tappa del suo viaggio di tre giorni nei Balcani conclusosi nella serata di ieri, la Macedonia settentrionale è prevalentemente ortodossa (circa due terzi della popolazione) di fronte a un terzo scarso di musulmani. Nel Paese, di etnie prevalentemente slave, gli albanesi rappresentano dal 20 al 25% della popolazione. Sono invece meno dell’1% i cattolici, che sono comunque una comunità fiera, forte dell’eredità di madre Teresa, nata nel 1910 in una famiglia albanese di Skopje, l’attuale capitale della Macedonia del Nord. La sua eredità in realtà supera le singole confessioni religiose. «Majka Teresa» per i macedoni, «Nënë Tereza» per i membri della minoranza albanese, Madre Teresa conta nel Paese molte statue in suo ricordo, c’è un memoriale a lei dedicato, persino un’autostrada ha preso il suo nome. E asili, scuole, ospedali… Secondo il papa, che l’ha canonizzata nel 2016, Madre Teresa «ha inventato un modo specifico e radicale di servire gli abbandonati, gli emarginati, i più poveri». E ha ripetuto più volte: «Siate orgogliosi di questa grande donna».

APTOPIX North Macedonia Pope

Cittadini di tutte le denominazioni religiose si erano precipitati nei giorni scorsi per accaparrarsi uno dei 15 mila biglietti gratuiti distribuiti per la messa papale nella piazza centrale, vicino a dove nacque Madre Teresa. Alcuni provenivano persino dall’Albania o dalla Croazia, l’unico Paese nei Balcani a essere prevalentemente cattolico. Se i partecipanti cattolici sottolineavano il momento storico che non si ripeterà prima di uno o due secoli, gli ortodossi presenti (molto diverso il clima con le autorità ortodosse rispetto alla parte bulgara della visita) hanno evidenziato come la visita del papa fosse storica anche per loro, come per i musulmani e per tutti coloro che vivono nella Macedonia del Nord. Il papa ha dovuto più volte sottoporsi al rito del selfie, non solamente con cattolici, ma anche con ortodossi, musulmani e persino atei. In effetti anche il papa ha sottolineato in più occasioni come il Paese sia «un mosaico», in cui «ogni tassello è necessario per l’originalità e la bellezza del quadro d’insieme». Quadro che acquisirà la sua «bellezza nella misura in cui la trasmetterete e la seminerete nel cuore delle nuove generazioni».

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Da questa miscela interetnica, interreligiosa, interconfessionale, interculturale e interlinguistica, caratteristica comune di tutti i Balcani, il papa ha invitato i macedoni del Nord a diventare un «punto di riferimento per una convivenza serena e fraterna». In effetti questo piccolo Paese dell’ex Repubblica jugoslava, è riuscito ad evitare sia l’esplosione delle guerre balcaniche degli anni Novanta, sia il conflitto interetnico nel vicino Kosovo agli inizi del nuovo millennio. Il messaggio di unità del papa, inoltre, giunge pochi mesi dopo che il Paese ha accettato di cambiare il proprio nome – da “Macedonia” a “Macedonia del Nord”, per mettere fine alla lunghissima diatriba con la Grecia, che rivendicava solo a sé il nome Macedonia. La lunga trattativa, sancita da un referendum, permette ora alla Macedonia del Nord di poter accedere ai processi di entrata nell’Unione europea. A testimonianza di un clima di cooperazione, il primo ministro, un praticante ortodosso, Zoran Zaev, ha giudicato la visita del papa come «un simbolo di riconciliazione e solidarietà». In una regione afflitta da una forte corruzione e dove lo stato di diritto rimane assai fragile, il papa ha invitato i responsabili politici a impegnarsi «nel percorso di una più stretta integrazione con i Paesi europei», naturalmente «nel rispetto del diversità e dei diritti fondamentali». In realtà con questa visita nella “periferia” macedone, il papa ha voluto lanciare un messaggio a tutti i Balcani, tutt’ora travagliati da un’infinita serie di contenziosi e di tensioni.

North Macedonia Pope

Lo stesso spirito ha animato il papa nell’incontro con 1500 giovani, di diverse confessioni cristiane, con la presenza di alcuni musulmani. Bergoglio ha invitato i ragazzi e le ragazze presenti a sognare: «Uno dei principali problemi di oggi di tanti giovani – ha detto – è che hanno perso la capacità di sognare». E quando «una persona non sogna, quando un giovane non sogna questo spazio viene occupato dal lamento e dalla rassegnazione». Ha perciò messo in guardia i giovani contro il culto della «dea lamentela», privilegiando invece la speranza: «Quale maggior adrenalina che impegnarsi tutti i giorni, con dedizione, ad essere artigiani di sogni, artigiani di speranza? I sogni ci aiutano a mantenere viva la certezza di sapere che un altro mondo è possibile». Bisogna perciò diventare «bravi scalpellini dei propri sogni. Uno scalpellino prende la pietra nelle sue mani e lentamente comincia a darle forma e trasformarla, con applicazione e sforzo, e specialmente con una gran voglia di vedere come quella pietra, per la quale nessuno avrebbe dato nulla, diventa un’opera d’arte».

Rimettersi in piedi, guardare il futuro con lo sguardo fermo, non cedere alla menzogna. Temi che il papa ha ripetuto in tutta la sua giornata macedone, in particolare nella messa celebrata per 15 mila persone a Skopije. Ha detto il papa: «Ci siamo abituati a mangiare il pane duro della disinformazione e siamo finiti prigionieri del discredito, delle etichette e dell’infamia; abbiamo creduto che il conformismo avrebbe saziato la nostra sete e abbiamo finito per abbeverarci di indifferenza e di insensibilità; ci siamo nutriti con sogni di splendore e grandezza e abbiamo finito per mangiare distrazione, chiusura e solitudine; ci siamo ingozzati di connessioni e abbiamo perso il gusto della fraternità». Mentre il Signore «è venuto per dare vita al mondo e lo fa sempre in un modo che riesce a sfidare la ristrettezza dei nostri calcoli, la mediocrità delle nostre aspettative e la superficialità dei nostri intellettualismi»; mette in discussione «le nostre vedute e le nostre certezze, invitandoci a passare a un orizzonte nuovo che dà spazio a un modo diverso di costruire la realtà».

 

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