È Nato? Sono due gemelli. Finlandia, Svezia e l’Alleanza Atlantica

La Svezia, dopo la Finlandia, ha chiesto di integrare l’Alleanza atlantica, sperando in questo modo di mettersi al riparo da future sorprese provenienti da Oriente. Ma è il momento giusto per allargarsi ulteriormente? Che fine faranno i negoziati già così difficili tra Mosca e Kiev?
NATO Secretary General Jens Stoltenberg, center, participates in a media conference with Finland's Foreign Minister Pekka Haavisto, left, and Sweden's Foreign Minister Ann Linde, right, at NATO headquarters in Brussels, Monday, Jan. 24, 2022. (AP Photo/Olivier Matthys, File)

Dunque la Svezia, dopo la Finlandia, ha chiesto formalmente di entrare nella Nato, anche se, a dire il vero, il regolamento dell’Alleanza atlantica prevede che siano uno o più dei Paesi membri a chiedere l’adesione di un Paese terzo. Formalità. E anche se il presidente turco Erdogan si è detto contrario all’adesione, non si sa se per ingraziarsi Putin − col quale ha rapporti estremamente bipolari, difficile definirli altrimenti, capaci di fiammate d’amicizia, baci e abbracci, e di gelo totale tra le parti col rischio addirittura di conflitti armati, come più volte s’è rischiato di vedere per gli sconfinamenti di aerei militari delle due parti nello spazio aereo del nemico −, o per far crescere il suo peso specifico nella Nato.

Il problema sta tutto nella sensazione di insicurezza che sta attraversando le popolazioni ai confini col grande fratello russo e il parallelo sentimento di insicurezza che colpisce la popolazione russa, che sente ormai il fiato sul collo di un Occidente stretto di nuovo attorno al Campione Usa, quasi senza se e senza ma.

I finnici e gli svedesi si stanno in effetti chiedendo se, senza la protezione dell’ombrello Nato, i russi non potrebbero avere la tentazione di sconfinare sui loro territori e sui loro cieli, magari solo per dare un avvertimento che li dissuada dall’adesione all’Alleanza. E la Russia e i russi paventano i missili Usa ai suoi confini, cosa che in realtà già è operativa nei Paesi baltici già aderenti all’Alleanza.

Le ragioni che hanno portato alla guerra − senza peraltro mai giustificare l’invasione da parte delle truppe russe – vengono di nuovo a galla; in particolare vengono rinfocolati quei sentimenti di frustrazione riposti nell’apparato e nella popolazione post-sovietica, che spingono alla risposta muscolosa contro chi mina la loro sicurezza. Le mosse occidentali atte a favorire le tendenze anti-russe presenti nei Paesi confinanti con la Russia, sono viste come provocazione a Mosca, senza parlare del massiccio invio di armi sempre più pesanti e più sofisticate all’alleato di Kiev, anche se l’Ucraina non è ancora parte dell’Alleanza.

Come reagirà Putin, che forse non aveva messo in conto, invadendo l’Ucraina, di solleticare i desideri di indipendenza militare dei due vicini? Le prime reazioni, va detto, sono state verbali, e non particolarmente violente. Ma, tra i denti, dai più vari esponenti del Cremlino o dei servizi viene minacciato il minacciabile, persino il ricorso alle tanto temute armi nucleari.

Dopo l’esperienza ucraina, è evidente come l’esercito di terra russo, eventualmente anche sostenuto dall’aiuto bielorusso oltre che delle varie milizie foraggiate in tutto il territorio russo, in particolare nel Caucaso, non sia in grado attualmente nemmeno di pianificare un’invasione terrestre della Finlandia o navale della Svezia. La Russia, lo ricordiamo, ha confini comuni con la Finlandia, ma non con la Svezia, da cui la divide il Golfo di Finlandia e il Mar Baltico, senza considerare l’enclave russa in territorio polacco di Kaliningrad, a un tiro di schioppo dall’isola svedese di Gotland.

Probabile, o perlomeno possibile, è una serie di risposte mordi e fuggi, cioè l’accentuarsi degli sconfinamenti aerei sui due Paesi fedifraghi, già in opera da anni ormai, delle ritorsioni anche pesanti nelle forniture di materie prime energetiche, minerali e alimentari, finanche delle operazioni in territorio straniero di nuclei dei servizi segreti.

C’è anche da dire che la Nato non sembra in questo modo favorire l’avvio di reali negoziati tra russi e ucraini per risolvere le questioni territoriali del Donbass e della Bessarabia. Anzi, sembra emergere nelle file dell’Alleanza atlantica una sorta di euforia per il mancato colpo iniziale russo, e la progressiva crescita della resistenza ucraina: c’è chi vuole andare avanti militarmente per sconfiggere sul campo lo zar di Mosca.

Ma così facendo non ci si rende conto che il sentimento di frustrazione, vera molla della guerra attuale, potrebbe diventare di nuovo diretta causa di ulteriori operazioni militari. Servirebbero quella moderazione e quella pazienza diplomatiche che favoriscono l’avvicinamento tra le parti, mentre sembra che nel quartier generale della Nato a Bruxelles non si segua questa regola d’oro delle feluche degli ambasciatori.

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