Napoli – Calcutta due città due popoli

Il 14 giugno, in un torrido mezzogiorno, il sindaco di Napoli, dott. Rosa Russo Iervolino, e il sindaco di Kolkata (Calcutta), Shri Subrata Mukerjee, firmano il patto di gemellaggio tra le due città. C’è grande gioia tra i presenti, sia tra i napoletani “innamorati” dell’India e in particolare di Calcutta, sia tra i molti indiani venuti apposta per la cerimonia: l’ambasciatore dell’India a Roma, Shri Himachal Som, con la signora, l’ambasciatore di Italia in India, il vescovo anglicano a Calcutta, Dott. Raju, il vescovo cattolico di Jabhua, mons. Chacko, il maggiore Ahluwalia, e molte altre personalità. Qualcuno, a proposito di questa iniziativa, potrebbe chiedersi: d’accordo, Napoli e Calcutta avranno molto in comune, ma in effetti” cosa? Il parallelo tra le due città emerge in modo vario e complesso dai numerosi interventi del convegno tenutosi per l’occasione nella suggestiva Aula magna “delle mura greche”, dell’Istituto Orientale di Napoli: Due città, due popoli: idee di sviluppo, di scambi, di collaborazione da un’accresciuta alleanza tra Mediterraneo e India. “Questo è stato l’anno della guerra – commenta il card. Giordano, intervenuto al convegno -. Popoli contro popoli, religioni contro religioni, ecc. Questo gemellaggio nasce in un momento giusto, perché parla di pace, di solidarietà, di amicizia tra popoli diversissimi per razza, religione, cultura”. Mentre Napoli è molto antica e Calcutta ha solo 300 anni – dice la dott.ssa Gatteschi, direttrice della rivista India – di entrambe si possono esaltare le bellezze cariche di cultura della città partenopea, ma anche lo splendido orto botanico di Calcutta, gli edifici in stile inglese circondati da estesissimi giardini, la passeggiata sul fiume Hugly, che ricorda il lungomare sul golfo di Napoli. Il prof. Aldo Masullo, sorridendo sulla sua “antropologia culturale”, sostiene che le due città “si somigliano in quanto ghettizzate all’interno della propria società, pur essendo spalancate all’oceano, al mare, ad ogni tipo di grande avventura “. Dice che “sembrano senza storia (storia con la “s” minuscola) in quanto non intervengono nelle proprie vicende, e rimangono immobili nella propria sventura, pazienti, solidali e tolleranti. Vivono di povertà e di espedienti, capaci di portare il dolore nella sua dignità”. La dott.ssa Gosh racconta dell’inondazione nello stato dell’Orissa nel 1999. Corse a Calcutta, per chiedere i primi soccorsi, sapendo che “lì la gente si muove col cuore “. Ecco un altro elemento unificante: il cuore! E ancora, la dott.ssa Rossana Gatteschi: “Calcutta ha dovuto fare spesso i conti con i disastri naturali, come tifoni, alluvioni. Napoli col Vesuvio. Sono anche città connesse con la campagna verdeggiante che le custodisce all’intorno e sono famose nel mondo – particolare simpatico – per il loro modo di fare il tè (Calcutta) e il caffè (Napoli)”. Entrambe le città hanno una visione pessimistica della vita, che però spesso si tramuta in gioia e in allegria, ed entrambe la esprimono in poesia e in musica. In entrambe, capacità di compassione, ma anche spirito di ribellione. “Bisogna avere un po’ di cognizioni storiche per capire queste due città: entrambe hanno perso la capacità di essere capitali, soprattutto per la criminalizzazione; entrambe sono state “città-contro”: Napoli contro il nazismo e Calcutta contro gli inglesi”. La dott.ssa Gatteschi sottolinea ancora il culto di Kali, la dea nera, dea “madre” dalle molte braccia, e don Gennaro Matino, teologo e principale animatore di questo convegno, in quanto presidente dell’Associazione Mondo Amico (Ama), che già tanto è intervenuta in progetti di solidarietà in India, trova il parallelo con la venerazione di una Madre scura, così amata a Napoli: “A mamma du Carmine”, la Madonna del Carmelo. Due momenti artistici di alto livello hanno accompagnato la manifestazione: il primo con la proiezione di un film documentario di Goutam Ghose sulla vita e l’opera di Satyajit Ray, poliedrico artista indiano, considerato l’ultimo “gigante” del rinascimento bengalese, un movimento che ha definitivamente contribuito a cambiare il corso della storia dell’India moderna, attraverso l’incontro, la fusione del pensiero occidentale con quello orientale. Il secondo ha visto l’interessante accostamento di canti di Tagore, interpretati con rara delicatezza e competenza da Reba Som, moglie dell’ambasciatore indiano a Roma, accompagnata da strumenti tipici, e canzoni classiche napoletane dal 1300 in poi, rese con passione da Pino De Maio e la sua chitarra classica, affiancato da eccellenti musicisti. A coronare il gemellaggio, una cerimonia semplice ma sentitissima: l’inaugurazione di una statua raffigurante Madre Teresa, realizzata con grande sensibilità da un giovane scultore napoletano, Marco Campanella. Situata su un piedistallo bianco e azzurro, che richiama il sari delle Missionarie della carità, è stata posta alla confluenza di due strade molto note, che si inerpicano sulla collina – via Tasso e via Aniello Falcone – che d’ora in poi diventa: largo Madre Teresa di Calcutta.

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