Musica per sopravvivere

Un dj entra nel carcere di Rebibbia. La musica che nutre rapporti di umanità che insegna l’ascolto, l’azzeramento del pregiudizio sociale.

Giovedì 20 agosto 2020: musica come speranza. La luce calda del crepuscolo colora appena il muro di cinta che circonda l’ingresso della Terza Casa Circondariale di Rebibbia a Roma. Oggi è una di quelle giornate che ricorderò per sempre; non so ancora come affronterò questa avventura né come ne uscirò ma, in cuor mio, spero tanto di trarne il massimo.

Tatiana Fabbrizio, speaker e dj di Radio Rock, collega e amica, mi aspetta davanti all’ingresso del carcere. È grazie a lei che oggi sono qui. Mi chiamò un pomeriggio per propormi di selezionare un po’ di musica all’interno di una manifestazione musicale organizzata a favore dei detenuti di Rebibbia, idea che mi sembrò subito meravigliosa.

Ed eccoci, pronti a entrare in un microcosmo fatto di storie e vite spezzate.

Accolti dalla direttrice Annamaria Trapazzo e indirizzati verso il cortile, ci dirigiamo verso la nostra postazione, guardandoci intorno per comprendere la situazione.

Qualche detenuto attende seduto l’inizio delle esibizioni, un paio di guardie penitenziarie scambiano due chiacchiere ai bordi del campo di calcetto che occupa quasi metà del cortile. Nel giro di pochi minuti, altri detenuti prendono i loro posti a sedere (rigorosamente distanziati per via delle misure di sicurezza anti-Covid), apparentemente incuriositi dalla proposta artistica della giornata.

È Annalisa Aglioti, talentuosa attrice dal background teatrale, ad aprire la serata con un monologo comico sul rapporto uomo-donna. Il pubblico apprezza, si diverte, applaude. Antonio, in prima fila, si mostra da subito partecipe al monologo, facendosi coinvolgere in un paio di battute.

Terminato il monologo, è Luca Bussoletti, accompagnato dalla sua band, a scaldare musicalmente l’ambiente. Luca è un cantautore romano, pieno di energia, già precedentemente coinvolto in manifestazioni all’interno del carcere di Rebibbia. Sembra che abbia gli occhi lucidi quando, tra un brano e l’altro del suo repertorio, ricorda la prima volta che entrò tra queste mura. Il concerto tiene alta la soglia d’attenzione della platea che, oltre a gradire l’esibizione, si prodiga in bislacche coreografie.

Al termine del live, io e Tatiana facciamo il nostro ingresso in consolle, chiedendo a gran voce di ricevere dediche e richieste musicali di qualsiasi tipo. Dopo un iniziale tentennamento, qualcuno timidamente si avvicina a noi: «Qualcosa dei Metallica… o dei Guns’n’Roses». Mi sento a casa.

Marco, quasi un veterano all’interno del gruppo di detenuti, viene a parlare un po’ con noi. Ci parla del suo presente ma soprattutto del suo passato, quando a Roma era “il re delle discoteche” e si spostava di festa in festa. Cita a memoria tutti i nomi dei più famosi dj dell’underground romana degli anni ’90, appellandoli spesso come “grandi amici”. Ride, scherza, ci prendiamo in giro. Poi, tra il serio e il faceto, mi dice: «Certo, i Pink Floyd potresti pure metterli!». Lo ringrazio per averli proposti e lui, mettendomi una mano sulla spalla, mi sussurra: «La musica mi ha fatto sopravvivere».

Nel frattempo, un paio di ragazzi vengono verso di me e, con un po’ di imbarazzo mal celato, chiedono da dedicare ad un loro compagno di cella una canzone di Achille Lauro.

E ancora, Oasis, Led Zeppelin, Billy Idol. Il foglio delle richieste musicali è quasi al completo, non so neanche se riuscirò ad accontentarli tutti ma va bene così. L’obiettivo della giornata è fare in modo che tutto questo non rimanga un evento speciale fatto una tantum, che anche questo piccolo tassello faccia parte di quel grande mosaico che è il percorso di recupero di un detenuto all’interno di un carcere.

Il prossimo appuntamento è per questo inverno. Torneremo qui e saluteremo tutti come amici. Perché  quello che di più vero può insegnarci un’esperienza del genere è il rapporto con l’altro, l’ascolto, l’azzeramento del pregiudizio sociale.

Come se fossimo noi, nel nostro piccolo, a dover essere rieducati.

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