Monna Angiola e la sua Compagnia

Era bellissima. Tutte le testimonianze sono concordi nell’affermarlo. Il suo consiglio, le sue parole ricche di buon senso e di saggezza, erano ascoltate da tutti, persone semplici e potenti del tempo. Nata a Desenzano del Garda tra il 1470 e il 1475, si sarebbe spenta a Brescia nel 1540, circondata già in vita da una fama di santità. Dopo le esequie solenni, il suo corpo rimase esposto nella chiesa di Sant’Afra. Fu in quella circostanza che venne eseguito l’unico suo ritratto ad opera del Moretto, che fissò sulla tela con realismo solo i tratti fisici del viso di Angela, rinunciando a qualsiasi facile idealizzazione. Monna Angiola, dunque. Di Giovanni Merici, cittadino bresciano, e di Caterina Biancosi di Salò. Ebbe una sorella e, probabilmente, tre fratelli. A 17 anni, rimasta orfana di entrambi i genitori, fu accolta a Salò dallo zio materno Biancoso. Nella sua agiata casa, Angela si rese disponibile per i servizi che le venivano richiesti. Un temperamento accondiscendente e la sua naturale leggiadria rendevano la sua compagnia piacevole e ricercata. Allo stesso tempo, imparò a leggere. Forse, non a scrivere. Quando tornò a Brescia, nel 1516, la città, appena uscita da un bagno di sangue, presentava ancora evidenti le ferite dovute agli assalti nemici e, più ancora, quelle intime del lutto e del rancore. Angela si prodigò per aiutare e metter pace tra fazioni opposte. Mentre il Rinascimento delle arti segnava traguardi insuperati, l’Italia delle Signorie e dei Principati, in perenne lotta tra di loro, era divenuta l’anello debole, l’epicentro del terremoto che squassava l’Europa. Da un lato, i confini del Vecchio Continente si dilatavano oltre l’Atlantico con la scoperta del Nuovo Mondo, dall’altro premevano i turchi sull’Adriatico e lungo i Balcani. La Chiesa, traversata dalle lacerazioni tra cattolici e protestanti e dal desiderio di una profonda riforma interiore, viveva un periodo travagliato ma anche fecondo. Fiorivano gesuiti, somaschi, fatebenefratelli… impegnati nell’opera educativa, assistenziale, evangelizzatrice. Tutti al maschile. La situazione della donna, anche nel Rinascimento, era sfavorita. Sottomessa alla tutela o del padre o del marito, era spesso costretta a sposare un uomo che non amava o ad entrare in convento. Angela Merici seppe interpretare i segni dei tempi dando origine a una prospettiva di vita cristiana per la donna che, in un certo senso, la affrancava dalla sua condizione di subalternità. Qualcosa di estremamente innovativo per i tempi: seguire Cristo radicalmente, fuori delle mura del convento, nel proprio ambiente di vita. Non restando però isolata, ma fortemente collegata con le altre in una compagnia. Non ebbe timore, Angela, di denominare il suo drappello tutto al femminile con quel termine cavalleresco. Unica condizione posta era infatti entrarvi lietamente e liberamente, come evidenziò con linguaggio semplice ma insolito nella Regola dettata a Gabriele Gozzano. Inoltre, fatto altrettanto inusitato, volle che il governo stesso della compagnia fosse affidato a otto donne elette – quattro vergini e quattro matrone vedove – prudenti e di vita onesta, per operare insieme per il bene e l’utilità della famiglia spirituale. L’accento è posto sulla parola insieme. L’esercizio dell’autorità in seno alla compagnia ha dunque il sapore evangelico del portare i pesi gli uni degli altri. Una compagnia di sorelle, una fraternità dove chi è preposto alla guida è il primo nel servire. Nella loro semplicità, le parole che Angela Merici ha lasciato nel suo Testamento spirituale sono di una densità di contenuti e di una freschezza di spirito eccezionali. Vi supplico – raccomanda alle responsabili – di voler ricordare e tener scolpite nella mente e nel cuore tutte le vostre figliole ad una ad una; non solo i loro nomi, ma ancora la condizione ed indole e stato ed ogni cosa loro. Il che non vi sarà così difficile, se lo abbracciate con viva carità. Impegnatevi a tirarle su con amore e con mano soave e dolce, e non imperiosamente e con asprezza, ma in tutto vogliate essere piacevoli. Soprattutto guardatevi dal voler ottenere alcuna cosa per forza, poiché Dio ha dato a ciascuno il libero arbitrio e non vuole costringere nessuno, ma solamente propone. La sua compagnia è dedicata a sant’Orsola. Secondo una leggenda, sorta verso il IX secolo e molto in auge per tutto il Medioevo, Orsola era una principessa dell’antica Britannia, Promessa sposa ad un principe pagano, accolse la decisione del padre, ma dettò le condizioni: un periodo di preparazione con le sue ancelle. Un pellegrinaggio, durante il quale sostare in preghiera per prepararsi alla nuova vita. Si mise in viaggio con undicimila compagne, o forse solo 11. Durante il viaggio Orsola riuscì, con la sua amabilità, a testimoniare il suo essere cristiana e a convertire le sue compagne ancora pagane. Giunsero a Roma, ma nel viaggio di ritorno, sempre secondo la leggenda, le loro navi furono sbattute da una tempesta sulle rive del Reno, a Colonia, morirono martiri per mano degli unni. Molti pittori riprodussero la leggenda di sant’Orsola: Carpaccio, Caravaggio e due artisti bresciani, Vivagni e Moretto. Quindi Angela Merici aveva certamente letto e sentito raccontare la leggenda di sant’Orsola. L’idea della Compagnia risale a un evento soprannaturale degli anni della giovinezza della Merici. Nel 1506, in località Brudazzo, raccolta in preghiera, le parve che si aprisse il cielo e vide salire e scendere angeli e vergini. Sarebbero trascorsi trent’anni prima che tale sogno prendesse forma. Trent’anni di preparazione nella preghiera, mentre iniziava a trovarsi con alcune donne che condividevano con lei questa esperienza. La data ufficiale della nascita della compagnia è il 25 novembre 1535, ricorrenza di santa Caterina, altra martire amata dalla santa bresciana. 28 giovani di diverse condizioni sociali, nella chiesa di Sant’Afra, si consacrarono a Dio nel voler condurre insieme tale vita. Angela morì cinque anni dopo, attorniata dalle sue prime 150 compagne. Aveva scritto nel Testamento: L’ultima parola mia, che vi lascio, con la quale vi prego fino al sangue, è che siate concordi, unite insieme, tutte d’un cuore e d’un volere. La devozione alla beata Angela è stata immediata e spontanea, ma solo nel 1807 fu riconosciuta ufficialmente santa. Sorta alla vigilia del Concilio di Trento, la Compagnia mericiana prefigurava le nuove forme di vita consacrata sorte nell’età del Vaticano II.

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