Il mondo onirico di Kyle Thompson

Una fotografia concettuale dove persone, spesso l’artista stesso, e luoghi concorrono a mettere in scena storie, situazioni apparenti, surreali, fantastiche. Alla Reggia di Caserta

«Musica, emozioni, qualsiasi cosa accada nella mia vita, cerco di ispirarmi a tutto, raramente ricordo i miei sogni, ma ho scattato alcune foto basandomi sui sogni alcune volte». A parlare è il 26enne Kyle Thompson, giovane star della fotografia statunitense al quale Caserta dedica una mostra con un progetto specifico appositamente concepito per gli spazi della Reggia.

Gli scatti di Thompson ci parlano di sogni, a volte incubi, ricordi e traumi infantili, sensazioni ed emozioni dal gusto malinconico e nostalgico. La sua è una fotografia concettuale dove persone, spesso lui stesso, e luoghi concorrono a mettere in scena storie, situazioni apparenti, surreali, oniriche.

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Giovanissimo si allontana dai sobborghi di Chicago, dov’è cresciuto, per andare alla scoperta di luoghi dove l’umano non è, o non è più, presente: case abbandonate, foreste vuote, fiumi, laghi. Popola questi luoghi di sé, traendone spesso autoritratti surreali e bizzarri, ambientati in atmosfere e luoghi pregnanti, talvolta incombenti e allo stesso tempo effimeri. In questi contesti l’artista esplora, senza influenze esterne, le proprie emozioni e le sensazioni che quelle ambientazioni gli suscitano. Interviene sulla scena con acqua, fumo, effetti di luce e con oggetti della sua quotidianità o della sua storia.

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Parlando di questi suoi autoritratti d’inizio, l’artista ricorda: «Necessitavo di un modo per incanalare le mie emozioni. Sentivo che gli autoritratti le esprimevano. Senza dover ricorrere alle parole. Avevo una terribile difficoltà nel rapportarmi con le persone, quindi ho finito per usarmi in quasi tutte le mie foto, passando parecchie ore ogni giorno nel girovagare da solo attraverso foreste vuote facendomi autoritratti grazie al timer delle mie fotocamere».

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La ricerca di ambienti e di sensazioni lo ha poi spinto in molti altri contesti, sino a condurlo nell’Est Europa, alla ricerca dei luoghi dei suoi antenati. Nell’ultima serie di foto Ghost Town (2015) Kyle esplora una città abbandonata e inondata; frammenti di vita e ricordi d’infanzia si fondono in scatti malinconici e introspettivi in cui l’acqua, che avvolge la città, rappresenta la depressione infantile del giovane e rappresentano l’unico mezzo in grado di alterare e deformare la realtà fino a farci riconoscere in essa. Come in un viaggio onirico Kyle ci guida tra le ombre, le luci e l’anima di questi luoghi, apparentemente vuoti ma ricchi di ricordi di chi li ha vissuti e di chi per la prima volta li esplora.

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Thompson considera lo spazio naturale come una sorta di palcoscenico in cui un leggero spostamento dell’obiettivo della camera distruggerebbe l’illusione creata e metterebbe in luce il vero contesto della scena. Il progetto da lui ideato per l’esposizione di Caserta mira a dare un altro sguardo sul rapporto tra spazio urbano e natura. Di conseguenza, le immagini sono concepite in dittici: una di maggiori dimensioni è un autoritratto dell’artista immerso in questi spazi naturali all’interno di aree urbane, l’immagine più piccola invece è quella che rompe l’illusione e fa vedere il vero ambiente in cui questa “natura” è immersa.

L’interesse è quello di mettere in evidenza non solo come la città cambia la natura, ma anche come alcune, anche se piccole, porzioni di natura riescono a mantenersi immutabili. «È così bello essere in grado di creare un momento che non è mai esistito – dichiara l’artista –. Qualcosa che è così reale, ma inventato. Puoi creare un momento che non è mai accaduto, ma che continua a vivere nel suo stesso stato immutabile, ed è una sensazione creativa che adoro».

“Kyle Thompson. Open stage”, Reggia di Caserta, fino al 4 giugno 2018

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