Mondi a confronto

Duecento operatori d’arte ad un convegno interculturale a Castelgandolfo. Dall’Europa alle Americhe alla ricerca di nuove ispirazioni artistiche.

Sono giovani e forti, almeno di carattere, i duecento che sciamano tra il 12 e il 14 giugno tra le vaste aree del Centro Mariapoli o nei giardini accanto, la sera, tra una canzone napoletana, un pezzo jazz, un brano d’opera…, dove ciascuno offre liberamente sé stesso, mentre si ascolta, si passeggia, si dialoga. Ecco, è il dialogo, fitto, ad animare il convegno per operatori d’arte “Storie e voci – prospettive interculturali dell’arte”. Ci sono tanti, se non tutti. Musicisti, gente di cinema e di teatro, poeti e scrittori, studiosi e critici, pittori scultori e architetti, animatori di spettacoli… Insomma, il variegato universo dell’arte, sempre in cerca di forme nuove per coniugare verità a bellezza.

Non è una strada facile e gli interventi spontanei lo evidenziano a più riprese. Non è stato facile per i grandi del passato – in una carrellata da Gauguin a Yves Klin – o per poeti come Heleno de Oliveira, brasiliano come il grande poeta contemporaneo Armindo Trevisan che si domanda nel suo intervento: «Ci saranno i classici nel XXI secolo?».

L’interrogativo non è evitabile. Il critico Antonio Zimarino e la ballerina classica Liliana Cosi propongono di indagare allora la “questione dell’arte” nell’ottica del rapporto interpersonale illuminato da alcuni intuizioni di Chiara Lubich per trovare delle ispirazioni che attingano la loro voce da una concezione “evangelica” della vita. Sono appunto poi storie di vita – e quindi di culture” diverse – quelle che diversi relatori affrontano: dal pianista Paolo Vergari che racconta l’avventura della scuola di musica gemellata tra Modena e Gerusalemme, dove ebrei e palestinesi – l’ho potuto verificare io stesso – mettono insieme suoni e amicizia, al regista abruzzese, trapiantato in Olanda, Stefano Odoardi, autore della vicenda commovente di due anziani sposi nel suo Una ballata bianca, un inno alla vita e all’amore, decisamente anticonvenzionale; dall’esperienza della prima Biennale d’arte intitolata alla Lubich dall’università di Maracaibo, con un centinaio di partecipanti, alla città dell’arte di Michelangelo Pistoletto nel Piemonte, vero laboratorio della fantasia, aperto anche ai bambini…

 

Certo, due giorni non sono molti per esaurire la voglia di comunicare, di conoscersi, di scambiarsi i differenti percorsi culturali, per arrivare a quello che Maria Voce, presidente dei Focolari, ha auspicato, cioè che ogni espressione artistica sia «sempre un atto d’amore… perché nella bellezza che si presenta c’è il buono e il vero, cioè l’essere».

 

Ne è rimasto convinto un giovane regista: «Io sono ateo, ma qui ho trovato tanta bella gente. Ho sempre cercato di fare il bene, qualcuno mi ha detto che Dio è il bene, allora siamo d’accordo». Da qui si può partire dunque – come ha affermato la Cosi – con la coscienza che da questo intenso scambio tra professionisti si può originare una cammino ulteriore, che si scoprirà man mano, per esprimere «quel che nell’anima non muore».

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