Mi piace, non mi piace

La scritta conclude spesso articoli, notizie, video che appaiono sui media, spesso accompagnata o sostituita da un’icona dal pugno con il pollice recto o verso. Basta un click e il pezzo è promosso o bocciato

«Mi piace, non mi piace». La scritta conclude spesso articoli, notizie, video che appaiono sui media, spesso accompagnata o sostituita da un’icona dal pugno con il pollice recto o verso.

Basta un click e il pezzo è promosso o bocciato. Non viene lasciata un’alternativa del tipo «Mi piace però penso che…». Non c’è neppure la domanda sulle motivazioni: perché piace, perché non piace? Poiché non ci viene mai chiesto, diventa sempre più arduo giustificare le proprie scelte e, lentamente, disimpariamo a farlo. Soprattutto non passa per la mente di chiedere o di chiedersi se quel messaggio sia vero oppure falso. La dittatura del relativismo della ragione, contro la quale si è battuto energicamente Benedetto XVI, è ormai scomparsa per lasciare il posto alla dittatura del relativismo del sentimento. L’affermazione «è vero» viene sostituita da «mi piace», così come «non è vero» da un semplice «non mi piace»: è vero ciò che piace, è falso ciò che non piace. Si è così spalancata la porta alla post-verità e alla manipolazione delle coscienze e delle masse.

È una analisi troppo semplicista e forse troppo negativa. Di fatto si tratta di un fenomeno che pervade sottilmente le differenti aree del vivere quotidiano, dalla politica che invita ad agire di pancia invece che di testa, alle più impegnative scelte etiche.

All’imperante e popolare «mi piace, non mi piace» potremmo imparare a sostituire altre parole come argomentare e sviluppare l’arte dei perché, proprio come fanno i bambini quando si sviluppa l’intelligenza e, a modo loro, vogliono investigare, entrare dentro le cose. Si tratta di pesare i pro e i contro, di ascoltare le ragioni di chi la pensa diversamente. Ed ecco spuntare un’altra parola dimenticata: dialogo, per cercare insieme la verità; parola sostituita dallo sterile dibattito dove ognuno afferma la propria opinione – possibilmente gridando e insultando – senza curarsi di ascoltare quella dell’altro.

Forse è tempo di rispolvera l’antico motto dell’illuminismo kantiano, sapere aude, abbi il coraggio di conoscere, o l’evangelico: «Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8, 32).

Per concludere: questo editoriale: «Vi piace, non vi piace?».

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