Media in famiglia: Un bene una responsabilità

Sono sempre più di casa nelle famiglie: i media possono fare del male, ma potrebbero anche fare del bene. Un progetto che coinvolge famiglie, media, soggetti economici, operatori pastorali, istituzioni. Una battaglia che si vince insieme, con responsabilità. Ecco alcuni dei temi emersi nel convegno Media in famiglia, un rischio e una ricchezza, iniziativa degli uffici Cei delle comunicazioni sociali e per la pastorale della famiglia. Giovanni Paolo II, nel messaggio per la 38° Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, ha messo in rilievo come i media, se offrono opportunità pressoché illimitate di informazione, educazione, arricchimento culturale e, persino, di crescita spirituale (…), hanno anche la capacità di arrecare grande danno alle famiglie, presentando loro una visione inadeguata e persino distorta della vita, della famiglia, della religione e della moralità. Il convegno, aperto dal card. Tettamanzi, arcivescovo di Milano, su Sapienza e discernimento nell’uso dei media, si è soffermato sulla possibile alleanza tra famiglia e media, sulla dimensione morale dei processi comunicativi, sull’influsso dei media sui ruoli familiari. Tra gli interventi, quelli del ministro Gasparri e di mons. Renato Boccardo, segretario del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali. Famiglia e responsabilità nell’uso e nel controllo dei media è stato da subito un tema al centro deldibattito. Molte famiglie italiane non sono in grado di porsi in modo maturo e critico nei confronti dei media; occorre aiutarle formando all’ascolto i genitori ed accompagnando i ragazzi nelle scuole alla comprensione dei linguaggi mediatici. Primo insegnamento per i figli rimane l’esempio di vita cristiana dei genitori, che li aiuterà anche nell’uso dei media, offrendo una coerenza di vita e una garanzia di autorità. Da promuovere anche la formazione di gruppi di famiglie, la fruizione condivisa, lo sviluppo di realtà associative per far sentire la voce degli utenti. Ma anche i media hanno le loro responsabilità e devono fare la loro parte: controllare l’applicazione delle norme, tutelare i minori, monitorare la qualità. Non basta, però: la rappresentazione della famiglia nei media dovrebbe fornire strumenti di riflessione e discussione. È inoltre necessario che i valori cristiani si integrino nella cultura dei media e facciano cultura. Ma occorre soprattutto aprire spazi di intervento delle famiglie anche sulla programmazione. Una proposta che muove dal principio di sussidiarietà e chiama in causa le istituzioni La famiglia, come ha osservato mons. Livio Melina, in quanto luogo originario e privilegiato della comunicazione può porsi come criterio e paradigma di ogni autentica comunicazione sociale. In questo modo i mezzi di comunicazione saranno strumenti di relazione e dialogo; e non, paradossalmente, di isolamento ed incomunicabilità. Risponderanno al bisogno di relazione e di aggregazione non in modo fittizio, ma, come sottolineava il prof. Francesco Casetti, daranno un’immagine che aiuti le famiglie ad essere sempre più un dono alla cittadinanza, contribuendo così a formare comunità vere. Anna Lisa Innocenti IN LIBRERIA La comunicazione interrotta Un libro di valore (Fabio Merlini, La comunicazione interrotta, Dedalo 2004, euro 15.00), che punta il dito contro un enorme e crescente equivoco nato nel seno della società dell’informazione o della comunicazione: in nome della necessità di essere sempre in comunicazione con tutto e con tutti (di essere come si dice connessi), si lascia cadere nell’oblio l’essenzialità della comunicazione interpersonale, quella che non ha bisogno di intermediari tecnologici, ma basta a sé stessa. La frammentazione della comunicazione rischia cioè di seppellire la stessa comunicazione. (m.z.)

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