Quando ‘Mbey mi ha soccorso

Una storia di solidarietà  a Santa Maria a Vico (CE) dei giorni nostri: la caduta dalla bicicletta, i soccorsi, la ricerca di un lavoro e la mobilitazione della comunità dei Focolari

Un giorno, mentre tornavo a casa in bicicletta da un giro di spese per la preparazione di un incontro della mia comunità dei Focolari, in prossimità di un incrocio un’automobile mi ha stretto contro il marciapiede. Per evitare l’impatto con la fiancata della macchina, mi sono spostato verso il bordo stradale. La ruota anteriore della bici è scivolata sul cordolo e io sono caduto rovinosamente, colpendo il marciapiede con la parte destra del corpo.

Per fortuna quel giorno indossavo un completo di jeans. Avendo le mani coperte dai guanti da ciclista e il casco sulla testa, mi sono fatto male solo sull’unico lato del corpo esposto: la parte destra del volto. L’autista dell’automobile, che forse non si è accorto di niente, ha proseguito tranquillamente la sua corsa mentre io, per lo shock subìto, non riuscivo a rimettermi in piedi. Un ragazzo nigeriano che offriva agli automobilisti fermi al semaforo dei fazzolettini, vedendomi in difficoltà, ha posato la sua mercanzia ed è corso verso di me. Appena mi ha raggiunto, mi ha aiutato a rialzarmi e mi ha fatto appoggiare al muretto. Quando il ragazzo ha visto che mi toccavo il viso e ritraevo la mano sporca di sangue misto a terriccio, è andato a prendere la sua bottiglietta d’acqua, mi ha aiutato a rimuovere il sangue, il terriccio e i sassolini, ha aperto un pacchetto dei fazzolettini che doveva vendere e mi ha asciugato le ferite tamponandole. Poi, quando sembrava che mi fossi ripreso, si è assicurato che riuscissi a mantenere bene l’equilibrio. Mi è venuta in mente la parabola evangelica del “Buon Samaritano”: questo ragazzo che, probabilmente, durante la giornata ne sente tante, non aveva esitato a rinunciare al suo lavoro per soccorrere uno sconosciuto, lavandogli le ferite con l’acqua che aveva per bere e utilizzando la sua mercanzia per tamponargli le ferite. Anche due ragazze, che avranno avuto sì e no 20 anni ciascuna, si sono fermate ad offrirmi aiuto. Quando mi sono ripreso un pochino, pur essendo ancora in stato semi-confusionale, ho inforcato la bici e mi sono recato al pronto soccorso dell’ospedale più vicino, dove mi hanno riscontrato solo abrasioni e contusioni. Quando mi sono sentito meglio, sono tornato a quell’incrocio e, chiedendo un po’ in giro ad altri ragazzi senegalesi che ho incontrato, ho rintracciato quello che mi aveva aiutato. Si chiama ‘Mbey e, dopo averlo ringraziato per avermi aiutato, gli ho offerto una piccola somma di denaro in segno di gratitudine. Ho notato che ha accettato con riluttanza e solo perché, come i suoi amici, si trova nelle stesse difficili condizioni in cui i nostri emigranti hanno vissuto nel secolo scorso, quando lasciavano l’Italia in cerca di un futuro migliore. Nel suo italiano stentato, ‘Mbey mi ha detto che non si aspettava che lo cercassi per ringraziarlo e la cosa gli ha fatto molto piacere. Ho saputo che ha un regolare permesso di soggiorno e, quindi, mi sono impegnato a lanciare un “passaparola” per cercare qualcuno che, avendo bisogno di bassa manovalanza, potesse offrirgli un lavoro. Dopo aver svolto lavori saltuari per piccoli imprenditori locali miei amici, in attesa di un lavoro stabile che gli è stato promesso, ‘Mbey è tornato al semaforo, con un gruppo di suoi conterranei con cui condivide tutto. Io e alcuni miei amici, come Gino Somma e Felice Guida, continuiamo a seguire lui e gli altri immigrati che incontriamo ai semafori o nei parcheggi dei supermercati. Ad ogni cambio di stagione portiamo loro anche abiti e scarpe, tutti in ottime condizioni, grazie all’aiuto e al sostegno di tutta la comunità locale dei Focolari di cui facciamo parte.

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