Mare al mattino

Margaret Mazzantini - Einaudi 
Mare al mattino

Una madre canta per suo figlio che sta morendo. «Sa che tutto sommato è stato meglio così, che il suo cuore abbia retto. Il terrore ormai era solo quello, morire prima del bambino, lasciarselo cadere dalle braccia. Fargli sentire la grande solitudine del mare. Il cuore nero». Un’altra cerca la gioia: «S’è messa a cucinare crostate di fichi, pasta al forno, a sistemare ciuffi di ginestre nei vasi». Lo fa per suo figlio. «Vuole lasciargli dei ricordi. La sensazione di una casa alle spalle dove tornare a occhi chiusi, solo per respirare». Il mare al mattino è quello che separa l’Italia dalla Libia, quello “scatolone di sabbia” zuppo di petrolio che gli italiani del duce erano andati a conquistare e da cui furono cacciati da un altro dittatore, Muammar Gheddafi. Da lì ripartirono i “Tripolini”, disdegnati nella vecchia patria italiana, dove approdarono poveri e abbandonati. E da lì partono ancora i barconi della speranza, barche simili alla «corazza di uno scarabeo morto», con il loro carico umano fatto di dignità e disperazione.

 

Anime desolate che molto spesso non toccheranno mai la sabbia di Lampedusa. L’autrice, figlia dello scrittore Carlo Mazzantini e moglie dell’attore Sergio Castellitto, racconta storie di madri che stringono al seno i propri figli per difenderli dalle brutture del mondo e storie di figli che continuano a sperare, anche quando davanti a loro c’è solo il mare, pieno di luce di giorno, nero, immenso, spaventoso quando si naviga di notte ammassati su un rottame insieme ad altri disperati, con un gps rotto e senza carburante. Sono anche storie di migranti, di deportati e rifugiati. Storie che aiutano a capire un po’ di più quello che è accaduto in Libia, che parlano di speranze deluse e di uomini che, voltando le spalle alla sicurezza garantita da un rais capriccioso e potente, hanno gridato: «Meglio la libertà».

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