Ma che caldo fa!

Siamo ormai in autunno, ma non sembrerebbe proprio, stando alle temperature che si registrano nelle contrade settentrionali del Vecchio continente

Inizia l’autunno astronomico, ma quello meteorologico sembra non voler arrivare. Ondate di calore si sono succedute in tutta Europa durante quest’estate, destando sorpresa nei comuni mortali e grossi interrogativi in tanti esperti. L’aveva fatto notare a fine luglio Claire Nullis, portavoce dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm), che i Paesi scandinavi stavano raggiungendo temperature di 10°C superiori a quelle normali per quell’epoca dell’anno. «Perfino in latitudini vicine al circolo polare artico – disse – si sono superati i 30 gradi», e preoccupata faceva due esempi: in Lapponia, la terra «della neve e delle renne», si erano raggiunti i 33 gradi, e nel Nord della Norvegia si era registrata una temperatura minima di 25 gradi, impensabile fino ad oggi. Ciò ha significato siccità in varie regioni nordiche già dal mese di maggio e incendi forestali in Svezia oltre il circolo polare artico. Cose da matti!

Una calda giornata di luglio nel centro di Stoccolma. (Ap)
Una calda giornata di luglio nel centro di Stoccolma. (Ap)

Ma che cos’è un’ondata di calore? Non c’è un’unica definizione del fenomeno, appunto, perché la climatologia è tuttora una scienza assai giovane, e anche perché 35°C a Siviglia non hanno lo stesso significato che a Helsinki. Prendiamo, ad esempio, la definizione che offre l’Agenzia statale di meteorologia spagnola (Aemet): «Un episodio almeno di tre giorni consecutivi in cui un minimo del 10% delle stazioni meteorologiche considerate registra temperature massime superiori al 95% della serie di temperature nei mesi di luglio e agosto del periodo 1971-2000». Complicato? Certo, con una geografia più estesa e orograficamente diversa non è semplice determinare cosa sia un’ondata di calore. Più semplice è il criterio offerto dall’Olanda, dove basta che nel comune di De Bilt, ad esempio, un borgo nei pressi di Utrech, si susseguano 5 giorni a più di 25° per avvalorare l’idea di subire un’ondata di calore. Come definire allora i 33° nel mese di luglio in Lapponia?

Gli scienziati del World Weather Attribution (Wwa), un gruppo formato da diverse istituzioni pubbliche e private, tra le quali l’Environmental Change Institute dell’Università di Oxford, e il Royal Netherlands Meteorological Institute (Knmi), stanno cercando di capire se c’è una correlazione tra queste ondate di calore e il cambiamento climatico. A tale scopo hanno analizzato i dati di 7 stazioni in quei Paesi del Nord che quest’estate hanno sperimento un caldo estremo e anomalo (Finlandia, Danimarca, Irlanda, Olanda, Norvegia e Svezia), tutte stazioni che possedevano registri sin dagli inizi del secolo scorso. I risultati fanno un po’ paura: oltre a costatare quanto sia anormale quello che è accaduto quest’estate, le loro conclusioni puntano sui pericoli del cambiamento climatico dovuto all’impatto dell’attività dell’uomo. Cioè, convinti che ci sia una correlazione tra l’attività umana e il cambiamento climatico, «la probabilità di avere questo caldo, o ancora di più, è in genere due volte maggiore». E dunque, siccome la temperatura media globale continua ad aumentare, le ondate di calore saranno ogni volta meno eccezionali.

 Altri interessanti particolari sono reperibili negli studi del Wwa, nel sito https://www.worldweatherattribution.org. Forse in futuro avremo altre conseguenze inattese, di tutt’altro genere, certamente non di competenza del Wwa: i cittadini del Nord, ad esempio, continueranno a cercare le spiagge del Sud dell’Europa? Cosa ne sarà allora dell’industria turistica?

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