L’Ucraina non accetta la secessione della Crimea

Dal nostro corrispondente in Ucraina, la crisi crimeana vista dalla capitale. La rivolta della Majdan lascia spazio alla vicenda del Sud del Paese, rafforzando i sentimenti antirussi in larghi strati della popolazione
Alcuni manifestanti a favore della secessione della Crimea

Paradossalmente, o quasi, il termine “Crimea” in questi giorni ha sostituito quello di “Ucraina” nei media locali; ormai, si parla di “crisi della Crimea” e non più di “crisi ucraina”. E allora, spenti in qualche modo i fari sulla Majdan, l’attenzione si è spostata verso la penisola. La Crimea è in effetti uno snodo fondamentale, sia dal punto di vista geografico che storico, per tutti i popoli della regione. Non a caso della penisola si legge sui libri di scuola, perchè protagonista di tante vicende storiche.

Quello che è successo domenica in Crimea, pensa l’opinione pubblica ucraina, rasenta la farsa elettorale. Un referendum, in effetti, non può tenersi sotto occupazione militare. Un referendum non può far decidere la gente tra due opzioni che hanno sostanzialmente lo stesso significato. Un referendum non può essere considerato tale se le televisioni locali sono chiuse e i giornalisti vengono picchiati e intimiditi. Anche in queste condizioni è inverosimile che l’82 per cento della popolazione abbia partecipato al voto e che più del 96 per cento abbia optato per l’integrazione con la Russia. Precedenti indagini, infatti, avevano mostrato come la maggioranza degli abitanti della Crimea non si pronunciasse per tale integrazione. Secondo una indagine del 2011, solo il 33 per cento della popolazione aveva sostenuto quest’idea, che nel 2013 era addirittura scesa al 23 per cento. I tatari di Crimea hanno boicottato il referendum, come anche molti ucraini presenti sulla penisola, anche perché il governo ucraino lo aveva dichiarato «illegale e incostituzionale». E poi c’è del ridicolo quando si pensa che, stando ai dati dei votanti e alle liste elettorali ufficiali, l'affluenza nella città di Sebastopoli sarebbe stata del… 123 per cento.

Sul referendum della Crimea per l'integrazione alla Russia il primo ministro Yatsenjuk ha dichiarato: «È illegittimo. La Crimea è e resterà ucraina. La Russia ritiri i militari e non aiuti le forze che vogliono dividere l'Ucraina». Ha pure espresso sorpresa perché le autorità del governo di Crimea, nel conteggio dei voti ha mostrato i risultati non del 100 per cento dei voti ma di percentuali variabili, per la presenza di elenchi integrativi non controllati né controllabili.

Tutto ciò sotto lo sguardo di osservatori particolari, esponenti di partiti di destraeuropei: Enrique Ravello, in passato apparteneva all’organizzazione neo-nazista Cedade ed oggi del gruppo di estrema destra Plataforma per Catalunya; Luc Michel, membro del gruppo neo-nazista Fédération européenne et d'action nationaliste che propugna una miscela di fascismo e bolscevismo, popolare tra gli eurasiatici russi; Béla Kovács, membro del partito ungherese di estrema destra Jobbik e tesoriere dell'Alleanza dei movimenti nazionali europei.

Il Parlamento crimeano ha così proclamato la Repubblica di Crimea come Stato sovrano indipendente nel quale la città di Sebastopoli ha uno status particolare. A favore hanno votato 85 deputati.

Vengono alla luce anche dei retroscena sui disordi in alcune città come Donetsk e Kharkiv. In entrambi i luoghi, la bandiera ucraina è stata sostituita da quella russa in edifici pubblici: a Kharkiv la persona che ha issato la bandiera russa era un cittadino russo che poi si è fatto fotografare in uniformi naziste, mentre a Donetsk la bandiera russa è stata posta sull’edificio del comune da Pawel Gubarow, un noto russo nazionalista, che si è poi autodichiarato governatore del popolo. È stato arrestato dalle autorità ucraine.

Ieri il presidente ucraino ad interim Oleksandr Turcinov, dopo aver definito il voto «una farsa», ha annunciato di aver firmato un decreto per la «mobilitazione parziale» a causa della situazione di crisi in Crimea. I militari ucraini resteranno in Crimea, ha annunciato inoltre il ministro della Difesa ucraino Igor Teniukh.

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